Perché? E’ la domanda che più ci sentiamo fare o che ci poniamo da soli.
Perché abbiamo iniziato a far triathlon o perché ci iscriviamo ad una gara…
Ognuno di noi ha una motivazione, una sfida con sé stesso, una rivincita sportiva e personale da prendersi, la voglia di fare qualcosa di nuovo e di diverso.
La finish line con gli occhi di chi vede la consacrazione di un percorso, spesso faticoso, che però non facciamo mai da soli. Hai mai visto una gara con un unico partecipante?
C’è chi ha iniziato con la scusa di imparare a nuotare, chi sapeva già farlo ma aveva ed ha ancora il terrore delle discese in bici e rimane attaccato ai freni, c’è chi di corsa non ne vuol sentire parlare ma se gli proponi un allenamento in gruppo ha già la borsa in macchina.
Vogliamo raccontarvi la nostra “Striscia Spartana” attraverso racconti personali e di squadra, l’emozione di avercela fatta contrapposta alla delusione di aver rinunciato ad un arrivo tanto sognato.
Caratteri, ambizioni, attitudini diverse. Quella diversità che diventa uguaglianza quando indossi quel body con la fascia color oro che brilla come una medaglia.
Abbiamo pensato di raccontarvi tutto questo in una sezione dedicata, un piccolo diario “segreto” dei nostri atleti spartani.
#lastrisciaspartana #wearespartans #wearefamily By Veronica Restuccia
Qui troverete le testimonianze…
QUATTORDICI
PERCHE’ PROPRIO IL TRIATHLON.
di Veronica Restuccia
Chi sono: Veronica, oggi 32 anni, podista fancazzista per eccellenza, come poche per la gioia dei coach seri (sfido chiunque ad imbattersi in un atleta così). Un inizio da podista nel 2012, mezze maratona, maratone, ultra maratone. Preparazione specifica mai fatta, improvvisazione regina sovrana incontrastata.
Medaglie: tante, riposte in diversi tupperware da cucina, quasi a voler congelare le emozioni.
Era il vicino 2017, settembre. Un mese come un altro di buoni propositi, di fughe, di presa coscienza. Delia (ultra maratoneta seria) mi apre le porte di casa, perché in Romagna sono un po come in Sicilia, ti aprono le porte di casa. A Cervia c’è il primo Ironman italiano, hanno bisogno di volontari non stop, il bilancio del weekend sarà 5 ore di sonno in 3 giorni, voce perduta chissà in che bagno (lo stesso che in terronia si chiama lido).
Prima di partire ricordo bene di aver scattato una foto, alla fermata dell’autobus, indossando fiera il mio borsone Rimini Marathon “ciao, io vado a vedere gli uomini d’acciaio”… “ti piacerà, e se ti emozionerai vorrà dire che prima o poi lo farai anche tu”. Non c’era tempo di pensare, ognuno aveva una richiesta, e la risposta doveva essere lucida, precisa, confortante. Avevano paura delle meduse, delle onde, del vento. Avevano due occhialini perché non avendone mai rotto uno, poteva capitargli in gara. In bici avevano di tutto, sembrava partissero per una scampagnata nei boschi senza ritorno.
Antidoping…ho fatto anche quello, ho scortato la seconda donna al controllo “sarò il tuo angelo” le dissi, e lei sorridente mi ha dato una pacca sulla spalla. Impressionata dal suo silenzio nel gioire con il marito, dal suo profumo che sapeva di pulito dopo 8 ore di gara. Non c’è tempo…di nuovo, dovevo correre. Stavano arrivando i veri eroi, quelli che vanno oltre le aspettative di tempo, che non hanno la bici da millemilaeuro, ma hanno tanti kg addosso che vogliono lasciare lì in Romagna. Si piange, si ride, ti abbracciano e tu abbracci loro. Vedi arrivare Angelo, ex allenatore di pallacanestro, ci sono Cristina e Stefano al traguardo che aspettano insieme a me Lorenzo, vedo anche Marco arrivare stremato ma sorridente.
Ecco, Cristina. Ho iniziato a nuotare per merito suo. Il lavoro mi ha regalato amicizie splendide, Crif è una di quelle parentesi della mia vita che come un circolo vizioso si ripresenta. Quando meno te lo aspetti, ti bussa e ti presenta il conto. E vi assicuro che qui l’unico conto salato è l’iscrizione ad una gara con il pallino rosso.
Ho avuto le scarpe da bici prima di avere Amira, la mia principessa bianconera. Ho avuto lui prima di rendermi conto che fosse arrivato nella mia vita veloce come l’attraversamento da fare in zona cambio.
Ho fatto il mio primo combinato in gara, con tre uscite all’attivo in bici. Un combinato di 1.9 km in lago con tanto di panico da acqua scura e botte da orbi, 65 km in bici su 85 per cancello non superato ma con la gioia di avere la moto di fianco a me per scortare la vincitrice di pazzia, ho conosciuto Federico mentre nuotavo, gli ho raccontato che sotto la muta avevo una S gigante dorata, la S di spartana. Ho corso quasi tutta la mezza maratona, senza chip, fuori classifica per scortare il doc all’arrivo. Sono riuscita a non cadere in bici e staccare le scarpine con la stessa grazie con cui Cenerentola prova la scarpetta di cristallo.
Ho pianto, perché ero arrabbiata. Avevo fatto una cosa più grande di me, da incosciente, ma non ero sola. C’era Maria (detta Giotta) in mezzo alla strada di Volano che urlava felice e scattava foto come se avesse visto Nibali al femminile. Ero felice, perché sono stata coraggiosa e testarda.
Spartana, perché loro e non altri. Perché rientra tra le cose che senti a pelle, perché Sparta per me è un sogno chiamato Sparta – Atene – Sparta. Perché sa di guerriera, con uno scudo immaginario sul petto e una spada che si agita allo stesso ritmo in cui agiti le braccia alla visione della finish line.
Il triathlon è qualcosa di complesso, costoso, magico. A nuoto è concesso tutto, l’importante è uscire dall’acqua. Le meduse, le onde, le botte, sono comprese nel prezzo. Il mare è tuo amico, anche se non vedi il fondo. Il lago è tuo amico, anche se ti ritrovi una melma stampata sugli occhialini. La bici è fatica, ma io non so cosa sia… sono ancora nella fase che acchiappo farfalle e guardo i fenicotteri delle saline pensando di avere le allucinazioni. La corsa è la mia vita, una delle mie vite, credo di averne 7 come quelle dei gatti.
Il triathlon è ricevere la medaglia dalla stessa persona a cui l’hai messa un anno prima, Paola. E’ sentire come per magia la voce di Pilar che dice “belvetta, stai correndo ai 4:55”.
Spartani è avere un presidente burbero che ti aspetta all’arrivo e non capisce perché tu piangi: lui ci credeva, io forse no. E tutto faccio tranne che guardare la medaglia.
Trovo Ellen, Ada e tanti altri che mi abbracciano, e non sono profumata come la PRO dell’antidoping.
“L’amore è un abbraccio
L’amore è attesa
L’amore è condivisione di un emozione
L’amore è un attimo
L’amore è il mare
L’amore è lei che aspetta lui all’arrivo
L’amore è lui che la cerca all’uscita dall’acqua
L’amore è le lacrime finali
L’amore è decidere la prossima vacanza in base al calendario gare
L’amore è oggi, domani, l’anno prossimo, a Cervia”
Non so se sarò io ad aspettare lui all’arrivo, ma è più facile che lui mi aspetti all’uscita dall’acqua. La vacanza è già decisa.
Ah dimenticavo: io sono una Spartana, oggi affetta da sindrome di click ritardato nell’iscrizione alle gare, tremendamente riflessiva e a tratti paurosa di non esserne all’altezza.
Domani sarò una spartana, con al collo una medaglia. Datemi tutto ma non uno sprint, e neanche uno spritz.
Oggi vi racconto perché proprio il triathlon, domani inizierò a farlo.
Veronica
TREDICI
La felicità non mi basta! Io voglio l’euforia!
di Caterina “Princess” Funaro
Non so cosa scatti nella testa delle persone per portarle a cimentarsi con lo sport di endurance soprattutto da adulti, ma so cosa è scattata nella mia… da un po’ PIU’ che adulta.
Sono arrivata alla soglia dei 40 con tanti risultati, tati obiettivi centrati e tante battaglie vinte o perse, comunque sempre combattute.
Un bel lavoro, piuttosto mosso e mai piatto, trasferte, progetti e colleghi con cui collaboro bene e che sono quasi una famiglia.
A casa, anche, una bella famiglia, un marito “armonizzante” e due petardi di bambine ma non più neonate: finalmente si dorme, tutto bene inquadrato, salute, stipendio, vita serena.
Uau! direbbe qualcuno. Firmiamo????
Si firmiamo!
Anzi firmiamo subito, ma un giorno mi sono confessata che a me non basta.
Una mattina mi sono osservata dall’esterno:
come un flusso, un congegno perfettamente oliato, sveglia, covino, svegliaaaaaaa, colazioni, borse, merende, trecce, code, firma la verifica, trova gli stivali antipioggia, macchina, marcatempo, ufficio…delirio…ufficio, marcatempo, ri-macchina cambiando percorso per chiudere il cerchio con quel tragitto, casa.
E di nuovo il teatrino in versione serale, minestrina, bresaola ready to use, coccole, chiacchiere, favole, tirare le somme della giornata piacevolmente insieme, nanna, click …
Per poi ricominciare il giorno dopo.
STOOOOOP!
Io così non posso durare per una vita…
Ho bisogno di altro, di avere dei momenti miei di evasione, di mettermi alla prova per poi sentirmi bene o male, comunque sentirmi, SENTIRE ME. Non la moglie, la mamma, la collega, l’amica.
E’ così che ho cominciato… e ho sottoposto questo mio ME a svariate prove, tentativi di rendere quella giornata unica e indimenticabile.
Corse all’alba in compagnia di altri runner o (…dopo un po’…) anche sola, tabelle all’inizio impossibili da seguire ma col tempo mie amiche e compagne nella fatica, incastri natatori in pausa pranzo o ad orari impossibili, la vera sfida della bici, aumentando sempre più le distanze, aumentando l’impegno (i volumi come dicono quelli!) ma diminuendo il senso di fatica e godendo sempre di più del benessere, dello sport, della potenza che questo filo parallelo alla vita di tutti giorni può darci.
A volte sono davvero molto stanca e spesso mi chiedo chi me lo faccia fare perché il numero di allenamenti settimanali davvero non giustifica i modesti risultati…ma la risposta arriva ogni sera che mi addormento pensando semplicemente di avere provato una sensazione diversa e brillante che è riuscita a rendere QUELLA giornata UNICA.
DODICI
Dallo Spartan Camp all’IRONMAN – Una figata pazzesca, ovvero ridere sorridere e ancora ridere
di Dimitri Tartari
Il mio incontro con il triathlon risale al 2016, quando scopro che ASD Spartans e ASD Passo Capponi hanno lanciato un progetto di collaborazione dal nome “Stripponi”. Sembra fatto apposta per me, poco tempo prima avevo scritto via Facebook al presidente degli Spartans per avere informazioni sul mondo del triathlon, Federico IronFrankie Franchini, e da podista del Passo Capponi mi ero più volte confrontato con il Pres Alessio Guidi sulla sua esperienza di Triathlon Sprint “allarembaggio”. Il mio sogno, o meglio la sfida che avevo da tempo in mente, era quella di fare un IRONMAN, su questo Frankie mi aveva più volte rassicurato sulla fattibilità ma i miei dubbi erano notevoli considerando che partivo da zero e che solo un paio di anni prima ero un paffuto e rinomato pigrone. Il progetto Stripponi e la scoperta di una corrispondenza tra il mio anno di nascita e quello del primo IRONMAN (1978) rese impossibile non fissare nella mente l’obiettivo di un IRONMAN nel 2018 alla soglia dei miei 40 anni. Non c’è niente di meglio di un obiettivo che non si può ripetere per rendere fattibili i sogni.
Da gennaio 2017 quindi è iniziato il mio lento e dubbioso avvicinamento al triathlon, premetto che non avevo mai posseduto e provato una bici da corsa, non avevo mai nuotato in mare, tanto meno indossato una muta ed ero un podista della domenica da meno di un anno e mezzo. Ma ero molto divertito all’idea di fare un triathlon e curioso di vedere come avrebbe reagito il mio corpo.
A marzo/aprile del 2017 ho partecipato allo Spartans Camp a Riccione, o meglio ad una parte e cioè quella dedicata alla corsa e al nuoto (non avevo ancora una bici). Prima volta che correvo in pista, prima volta che facevo riscaldamento (davvero), prima volta che c’era un coach che dava indicazioni e un test atletico da fare (il Conconi, che ammetto a posteriori non aver capito bene). Da subito ho notato l’accoglienza del gruppo, la disponibilità e l’autentico sostegno che tutti fornivano a tutti gli altri (me compreso, in pratica uno sconosciuto).
Con me mia moglie e la nostra ultima figlia (5 mesi), gli altri due a casa con i nonni. “Tre figli e vuoi fare il triathlon? Tu sei matto! E hai una moglie che è una santa!”, io rispondevo che “Mia moglie non era una santa, è un ingegnere!”. Il primo impatto con l’acqua gelida del mare lo ricordo ancora, uno schiaffo al volto, un blocco facciale, una fitta alla fronte, ma che ridere!!! Ricordo in acqua l’IronOttico che mi diceva, da dietro i suoi occhialini graduati, che in fin dei conti un IRONMAN si fa senza troppo allenamento e che lui il primo lo ha preparato in un mese.
A maggio del 2017 lo Sprint a Rimini, mare mosso, emozione a mille, paura di sbagliare qualcosa e di non farcela, bici prestata, cambi mai usati (e chi sapeva come funzionassero?!?!?), corsa con il sorriso anzi risate vere e proprie. Un godimento e una soddisfazione. E’ chiaro e lo sappiamo che uno Sprint è una distanza molto ridotta, molti sono in grado di farlo agevolmente senza preparazione ma vi assicuro che per chi non è uno abituato a fare sport è un poco come toccare la croce sopra una montagna. Una figata pazzesca e di conseguenza si tratta solo dell’inizio.
Fatto lo Sprint, il mio pensiero va da subito all’Olimpico di settembre a Cervia, di nuovo in mare di nuovo nell’Adriatico ma con distanza doppia. Diventava quindi fondamentale essere in grado di nuotare bene e per un tempo rilevante, la bici sarebbe stato utile capire come manovrarla e la corsa, a questo punto, era da preparare un poco meglio. Iniziano così gli allenamenti, un poco più seri e regolari. Allenarsi è bello, è una soddisfazione e ti dimostra che puoi migliorare. Sei più reattivo e anche in famiglia, con i tuoi figli, che ti sottopongono a fatiche psicofisiche considerevoli, sei più paziente, attivo, reattivo, propositivo. Meno divano e TV e più giochi e coccole. Anche solo per questo il triathlon sarebbe da prescrivere come obbligatorio. Nella vita di coppia gli allenamenti diventano un poco alla volta un fattore di confronto che in alcuni momenti può trasformarsi in scontro ma che se gestito bene e insieme è sempre governabile.
A Settembre arrivo all’Olimpico di Cervia, un 5i50 del circuito IRONMAN, con un poco di titubanza, la distanza e le regole mi spaventano, il sistema delle partenze scaglionate, le borse di colore diverso, la scia vietata e tutte le regole per i sorpassi in bici. La giornata nonostante le preoccupazioni è mitica, un vento assurdo e durissimo da affrontare per un ciclista “pivello” come me, la corsa che è lunga e forse tradisce una preparazione non completata e il mare che sempre mi piace ma in cui lascio molta energia. Ricordo bene prima della partenza il saluto di K e di Giorgio che il giorno prima avevano fatto l’IRONMAN e mi ricordo bene aver pensato che trovavo incredibile fossero lì in piedi con la medaglia al collo e non a letto a recuperare energie. Chiudo l’olimpico ridendo e sorridendo, un’altra esperienza meravigliosa, un’altra soddisfazione, una sfida vinta e una medaglia al collo. Che figata pazzesca.
L’esaltazione del 5i50 è tanta e nei giorni successivi comincia a spingere nella mia testa la volontà di tentare di inseguire il sogno per il 2018, come prima cosa mi iscrivo al 70.3 di Barcellona insieme a tantissimi della squadra Spartans, sarà una trasferta di gruppo (di cui ignoro tutto, percorso, logistica, costi, ecc…) a cui sento non posso mancare. Pochi giorni dopo, senza dirlo a nessuno, mi iscrivo all’IRONMAN 2018 di Cervia. Lo faccio con la formula del pagamento a rate, pensando che possa essere quello una forma di exit strategy nel caso mi senta di aver esagerato. L’anno si chiude con la certezza che il 2018 sarà impegnativo e con la necessità di fare una tabella di preparazione per Barcellona che è a fine maggio. Cervia può aspettare, ci penserò solo dopo.
Nell’inverno faccio degli allenamenti “mitici” con temperature proibitive, ricordo bene la simulazione di MEZZO IRONMAN a Persiceto con -3 gradi, in piscina Bonfi che aspettando che finissimo i 1.900 fece oltre 2.500, Romano che in bici aveva i guantini estivi e io che indossavo guanti da artico morivo di freddo, le strade e le campagne coperte dal ghiaccio e la fatica mista al freddo, la corsa solitaria terminata al primo giro di 10km per correre al lavoro. Un allenamento mitico, una iniezione di fiducia enorme per chi come me pensa sempre di non farcela. Alla fine ero sereno ma questa volta non ridevo, ero stanchissimo.
Allenamenti e uscite di gruppo ne seguirono altre, belle e divertenti, solitarie a volte, ma sempre con il sorriso o con i denti stretti della fatica ma con la serenità dentro. Barcellona si avvicina, emergono tutte le questioni operative, logistiche e organizzative. Daniele, K, la Robby e tutti gli altri sui furgoni “santi subito”. Trasferimento in aereo a Barcellona, un’esperienza unica, nuove conoscenze ed amicizie che si creano, tensione e paura condivisa con gli altri (Angelo e Chiara esordienti come me). L’arrivo a Calella, le innumerevoli passeggiate dall’albergo alla TZ e l’emergenza bici con il cambio che rumoreggia.
Il risveglio alle 4.30, la colazione abbondante con gli ultimi consigli di Giorgio, l’esodo degli atleti verso la partenza, la muta, l’incontro quasi casuale con Luca Andalò, le ultime chiacchiere nella confusione spagnola e poi via in acqua. Una nuotata confusa ma un mare perfetto, fresco e piatto. Un piacere, la conferma che avevo fatto bene i compiti a casa nel nuoto. Poi la bici, qui molta preoccupazione, la paura di forare, peggio ancora di cadere, la consapevolezza che sono 90km con 1200m di dislivello e quindi duri e con salite impegnative oltre che discese molto veloci (in cui non mancano cadute di atleti esperti). Faccio il mio lavoro con costanza, affronto una delle tante salite per me massacrante e vengo superato agilmente da Daniele che come se fossimo sui Viali di Bologna procedere con postura da gita domenicale.
Finisco la bici abbastanza cotto ma molto soddisfatto. Inizia la mezza maratona e vado a bomba sto sotto i 5m/km per un poco incollato ad una atleta svedese (mora e bassa). Rallento dopo poco il passo e comincio a patire per il caldo e la mancanza di ombra. Caldissimo, a più riprese supero e vengo superato dalla Robby, facciamo la parte finale insieme e questo conta. Arrivo in fondo ed è come vincere la coppa del mondo. Rido e sorrido e questa è davvero una figata pazzesca!!!
La due giorni di Barcellona ha visto anche il momento della sfilata delle squadre, cene, pranzi, visita agli stands, ecc… ma alla fine il momento migliore e indelebile è quello del traguardo. Nel viaggio di ritorno da Barcellona la mia fiducia nel riuscire a preparare Cervia nei successivi quattro trasforma il sogno in qualcosa di reale. Poi faccio due chiacchiere con Andalò che mi racconta la sua esperienza del 2017 a Cervia, le tante forature, i problemi meccanici, la corsa con difficoltà fisiche e poi chiude il racconto in un modo che mi lascia spiazzato “Comunque bellissima!”. Rientro entusiaste e con mille dubbi.
Solo una certezza, adesso si deve fare sul serio e programmare allenamenti adeguati. I successivi quattro mesi sono “spartani” che vuol dire che gli allenamenti sono ragione di vita o di morte, definiscono l’umore, le ferie sono con bici al seguito e allenamenti tutti i giorni. Restano indelebili nella mente i primi lunghi in solitaria che mi hanno portato sino a Lizzano in Belvedere o al Passo della Futa o ad Argenta i tanti giri all’Isola d’Elba con salite durissime e panorami mozzafiato, inizio a macinare km in bici con una certa serenità anche se oltre i 150km sono sempre distrutto. La corsa diventa solo di mantenimento. Il nuoto prevede distanze abituali oltre i 3,5km. Mi sento già super perché mai avrei creduto di riuscire a fare anche solo uno di questi allenamenti.
Molta gratitudine va ai miei figli e a mia moglie che mi hanno sempre (o quasi) supportato e spronato e mai ostacolato. Arrivo carico, fiducioso e fresco ad una settimana da Cervia, allenamento in acqua leggero a 5gg dalla gara. La sera la spalla mi duole, la mattina non la muovo dal dolore. Vedo seriamente a rischio la mia partecipazione e il sogno si sgretola. Arrivo a considerare accettabile un ritiro, in fin dei conti sono sempre stato fortunato. Faccio però qualche ultimo tentativo, fisioterapia, infiltrazioni, antidolorifici e bendaggio.
Sono di nuovo operativo, non al 100% ma mi sento di dire che ci posso provare, meglio mi sento che devo riuscirci nonostante tutto. Arriva il giorno della gara, o meglio il giorno prima, sono stranamente solo nel fare molte cose (ci sono pochi iscritti che conosco), stesso albergo di Alessio Guidi e Fabio Frignani con i quali condivido tensione e ultime preoccupazioni. Partenza della gara che aspettavo da oltre un anno e mezzo, della gara che avevo sognato e che volevo fare proprio nel 2018, la gara che tutti ora sanno che sto facendo, la gara dei miei 40 anni, la gara che non avrei mai creduto di fare nella vita, la gara che dimostra che tutto è possibile se si vuole e se ci si impegna sodo.
Nuoto meraviglioso in acque tranquille e fresche, meduse e pulci di mare non sono un problema, la spalla per i primi 2000 metri non si sente, dopo qualche fastidio ma siamo già oltre la metà della distanza e non ci si ferma più.
La bici è un piacere e un divertimento per i primi 100km, una fatica dopo e una sofferenza gli ultimi 30km di vento contrario. Non aver bucato mi galvanizza a tal punto che parto con la maratona molto forte, poi rallento, verifico che ho una brutta vescica sotto il piede e continuo, ogni 10km la mia famiglia, i miei bimbi in costume e mia moglie mi incitano (è bellissimo!!!). Al 25km sono in crisi, non riesco più a mangiare e bere, cammino e sento la tentazione di fermarmi, continuo a camminare veloce e corricchiare ma soffro. In un momento di sconforto incrocio la curva spartana che od ogni passaggio ha fatto il tifo, Beatrice, moglie di K, mi vede cotto e comincia ad urlarmi che devo andare avanti, che devo mangiare e che devo correre.
Mangio forzando il fisico e la mente. Riparto, bevo, mangio, corricchio, batto il cinque ai miei bimbi e a mia moglie che ritrovo al solito punto. Sono di nuovo carico, lo finisco di certo e governo il mio corpo. A un paio di km dall’arrivo sono esaltato, corro sempre più forte, gli ultimi 200 metri sono di risate, sorrisi e entusiasmo. Le luci, lo speaker, i colori, il mio nome ed il tempo sul tabellone, il braccio al cielo. Arrivato, sorrido e rido, sto benissimo ed è una figata pazzesca!
Paola mi accoglie con la medaglia, mi accompagna a fare la foto e mi spiega cosa posso fare per rigenerarmi. Io ascolto ma capisco poco, sono al settimo cielo. Ho finito, ce l’ho fatta e sto bene. I minuti e le ore successive sono volati, mangio, abbraccio i miei figli e mia moglie, foto, risate, un brindisi con Alessio che è arrivato poco dopo di me. Si fa mezzanotte e poi a nanna mentre esplodono i fuochi d’artificio. Che figata!!! Che figata pazzesca!!! Il giorno dopo scendo sul lungomare a salutare i compagni di squadra e gli amici che faranno il 5i50, sono un IRONMAN ma più che altro sorrido e rido e se ripenso al giorno prima sorrido e rido, anche oggi se ci ripenso sorrido e rido e penso sempre che sia stata una figata pazzesca!
Scrivo questo per merito e per colpa di Caterina Funaro che è sempre spumeggiante e iperattiva.
UNDICI
Maratona dell’Havana 2014: …. Solo le carte dei gel in terra mi rassicuravano.
di Saul “Saulito” Casadio
Havana, Cuba, novembre 2014
Domenica mattina la sveglia è puntata alle 5, ma alle 4 ho già aperto gli occhi, ci sta’, dopo 7 ore filate di sonno a cui non sono abituato!
Colazione con banane, biscotti secchi e miele, per la prima volta a una gara ho tutto in ordine per partire, ma il Garmin è dentro la cassaforte a muro e nella notte si sono scaricate le batterie della stessa, risultato: non si apre.
Sono le 6.00, siamo pronti ad uscire, ma per la cassaforte devo svegliare Miguel, il proprietario del nostro appartamento che vive lì accanto, mi scuso molto e lui con gli occhi socchiusi ed un bel sorriso mi dice che non c’è problema perché è il suo lavoro. Spirito Cubano
Grande Miguel !
Usciamo, è ancora buio, 5 minuti a piedi e siamo alla partenza.
C’è una discreta folla pensavo ci fossero meno partecipanti, guardandomi intorno mi rendo conto che l’abbigliamento dei partenti è parecchio diverso da quelli a cui siamo abituati: ragazzi con la zaino, donne con le ballerine ai piedi, qualcuno scalzo.
La maggior parte dei partenti sono ragazzi giovani con la divisa scolastica delle superiori: camicia chiara pulita e stirata, bermuda in cotone marroni, scarpe Superga.
Tutti con uno splendido sorriso!
Si parte!
I primi 9 km, si corrono sulla strada lungomare (El Malecon ), sto già pensando che la brezza che sento sarà la mia salvezza per il secondo giro perché come al solito non ho preparato bene la gara lunga…..… comunque ho buone sensazioni anche ai 5.30 al km.
Al nono iniziano le salite, sono lunghi strappi intervallati da pezzi piani e discesine durante le quali riesco a raggiungere Mauro (l’amico con cui condivido l’esperienza) che era partito più forte.
E’ il 14° km, siamo insieme nel punto che io credevo più alto del percorso, in realtà sarà un continuo saliscendi fino al lungo mare.
Al 15° Km, perdo Mauro, le gambe non girano più e nonostante siano circa le 8 e 30 di mattino, il sole picchia già forte.
Ho pensato che forse avevo esagerato in salita, credendo di avere poi la discesa per recuperare.
Fatico anche ad arrivare al traguardo della mezza, molti avevano fatto solo la 10 km, ma alla 21 si fermano praticamente tutti, solo noi iscritti alla maratona dobbiamo continuare per il secondo giro, poco più di duecento persone, circa una ogni 300 metri e nessuno, ma veramente nessuno a fare il tifo o anche solo guardare la gara.
Appena trovo ombra, subito dopo i 21km, mi fermo, tolgo le scarpe ed i compressor dei polpacci: mi sono serviti molto, ma fa troppo caldo per tenerli ancora !!
Penso che un altro giro sarà un calvario: sono le 9, il sole è veramente caldo e le gambe sono vuote completamente….
Riparto camminando, poi corricchiando, non riesco a fare neanche un chilometro e riprendo camminare, ho preso un gel ed inizia a fare effetto, purtroppo non quello sperato, ma aimè il caghetto!!!
Abbandono il percorso, attraverso tutte le 6 corsie del lungo mare, vedo uno dei rarissimi distributori chiedo se hanno un bagno, che a Cuba non è così scontato come si può immaginare, è osceno, ma va bene!
Riparto sempre alternando poche centinaia di metri di corsa al cammino, non ci sono più le ombre dei palazzi, il sole è un disco di fuoco, ci salva solo la forte brezza marina.
Da dietro ogni 10/15 minuti arriva qualcuno che mi sorpassa, passetti piccoli e costanti, li vedo allontanarsi e non ho neanche la forza di provare a mettermi in scia.
Siamo veramente in pochi sul percorso, quando inizia la salita non si vede più nessuno, né avanti né indietro, spesso ho creduto di essere fuori percorso, solo le carte dei gel in terra mi rassicuravano.
Al km 36, lo stesso della crisi del primo giro, non so più cosa pensare, rifletto sul fatto che mi hanno passato tutte le categorie dell’oblio podistico che sono in ordine di sorpasso:
– Podisti anziani.
– Podiste anziane.
– Ragazze infighettate che fanno jogging.
– Ragazze che tentano l’impresa della vita caracollando per 42km.
Mancava l’ultima categoria:
I maratoneti over 100 kg, con pance da grandi bevitori, che fanno passetti di massimo 10 centimetri, senza riuscire a sollevare i piedi.
E’ la prima volta che in gara mi capita di essere raggiunto da un rappresentate di quest’ultima categoria, sono al 38°, non lo accetto! Il caldo è bestiale, per staccare il mio rivale provo di correre quando sono al sole e respirare quando arrivo all’ombra. Riesco così ad arrivare al 40° poi le gambe mi mollano di colpo, ora sono dure e riesco solo a camminare in malo modo, mi accompagnano pensieri negativi tipo come poter fare un altro chilometro e che le maratone non le riesco proprio a preparare come neanche i triathlon lunghi, che continuo a sbagliare mettendoli insieme alle mie vacanze.
Non sono stanco, in fondo sono 15 km che cammino, semplicemente non vanno le gambe, intanto ne approfitta l’over 100kg che mi passa all’ultimo km.
Al km 41’95 si spegne anche il satellitare, non ho idea di che ora sia, so solo che ero alla mezza in circa due ore. Credo di essere fuori tempo massimo (il limite era alle 5 ore). …Al cartello km 42 mi sorpassa anche una macchina con a bordo un giudice che si appunta su un foglio il numero del mio pettorale, mi suona proprio a morto!
Altri 100 mt e so che sono al traguardo. Una dell’organizzazione spostando una transenna mi incita a muovermi che stanno per chiudere.
Ho ancora davanti l’omone della suddetta categoria con il grande cappello tipico e la bandiera messicana sulle spalle, posso solo sforzarmi di fare gli ultimi 150 m dietro di lui…e arrivare al traguardo!
Passata quella linea mi sembra di aver fatto una lunga passeggiata, nient’altro, tutto cancellato.
Mi avvio tranquillamente passeggiando verso casa dove Mauro ha già fatto la doccia, e mentre scrivo, pensando a come metter giù le emozioni che ho provato durante la gara, nel testa cresce un pensiero sempre più forte che dice: però mi piacerebbe provare a farla con un allenamento migliore…. Bah! Roba da matti!
Dopo soli due mesi, a gennaio 2015, ho conosciuto Frankie e sono entrato negli Spartans………………
DIECI
IL MIO PRIMO IRONMAN di ALESSANDRO VALENTINI
È l’alba.
Il sole che sorge lì in fondo, su un mare adriatico calmo, sereno.
L’aria è fresca.
Il lungomare di Cervia è già pieno di atleti.
Si parla a bassa voce o si sta in silenzio.
Io e Matteo, accompagnati da Beatrice, camminiamo verso la zona cambio.
È lunghissima!
Ci avviamo verso l’ingresso solo io Matteo, Beatrice ci aspetterà fuori.
Lei non può entrare.
Cerco la bici, rack 507, di fronte all’Hotel Sedonia.
Controllo le gomme, posiziono il cambio.
Lascio le borracce, riempio le borsine con le barrette.
Ricontrollo tutto, poi a verificare la sacca Bike, quella blu.
Asciugamano per togliere la sabbia dai piedi, casco, occhiali, pettorale, calze, scarpe.
C’è tutto.
Proseguo.
Sacca rossa, Run.
Visiera, gel, calze, scarpe.
Anche qui c’è tutto.
Esco dalla Zona Cambio.
Nel frattempo ci siamo radunati un po’ tutti.
Io, Matteo, Frankie, Daniele con Beatrice e Carla che ci fanno da supporto.
Mi infilo la muta.
Con calma, gesti soliti.
Controllo che non ci siano pieghe poi Matteo mi aiuta a chiuderla.
Lascio la sacca dei miei indumenti alla fantastica Beatrice.
Mi avvio verso la riva.
Nel frattempo il sole si è alzato.
Siamo tanti, tantissimi.
Entro in acqua a bagnarmi i piedi, l’acqua è fresca, non fredda.
Volutamente mi sono allontanato da tutti.
Entro nella gabbia che indica il tempo tra 1:20-1:30.
Aspetto.
In silenzio.
Guardo il percorso.
Musica epica nelle orecchie, battiti alti.
Lo sparo, partono i pro uomini, poi le pro donne, poi noi Age Group.
Sei la volta ogni cinque secondi.
È il momento!
Entro, la riva è bassa e corricchio un po’.
Inizio a nuotare e mi sento bene, a mio agio.
Riesco subito a prendere un buon ritmo e sfruttare diverse scie.
Duemila e duecento metri e sono già a riva per l’uscita all’austrialiana.
Trovo anche il tempo per scherzare con un altro atleta.
Ultimi 1.800 mt che scorrono via tranquilli, ancora qualche scia ben sfruttata.
Dopo un’ora e 19 minuti sono fuori.
Corro verso la T1, senza troppa fretta.
Mi cambio, raggiungo la bici (hotel Sedonia).
Monto in sella.
Ho il tempo di sentire le urla dei miei compagni e di incrociare i loro sguardi.
Inizio a pedalare in modo tranquillo e in un attimo ci troviamo a Villa Inferno e da li alle Saline di Cervia, per fortuna non c’è vento.
Arriviamo sulla E45, inizio a spingere un po’, ma non troppo che la strada da fare è lunga 180km.
Mangio ogni 45’ e bevo ogni 15’.
Arrivo a Forlimpopoli.
Superato il paese, sulla sinistra, vedo Bertinoro lassù in cima.
So già che non dovrò salire sui pedali e partire all’attacco, ma dovrò usare più la testa.
Il primo strappo lo faccio, invece, proprio come non avrei dovuto, ma sto bene.
Continuo ancora sulla salita, ma alleggerisco i rapporti.
Scollino, il,tifo è alle stelle.
Subito giù per la discesa!
Arrivo alle Saline in un attimo, intanto il vento ha iniziato a fare capolino.
Arrivo a Cervia.
Dal lungomare curva a sinistra e sento le urla di Giorgia, di Bianca, di Tommaso.
Salgo sui pedali, trovo il tempo di lanciargli un sorriso e riparto per il secondo giro.
Alle Saline intanto il vento si è rinforzato.
Cerco di mantenere il ritmo impostato dall’inizio, ma è più dura.
Di nuovo a Forlimpopoli.
E Bertinoro è ancora lassù che ci aspetta.
Questa volta la fatica si fa sentire, sia il primo strappo che la salita finale presentano il conto.
Le gambe fanno fatica, ma non mollo.
In cima alla salita sento le urla del pubblico che fa la hola.
Anche io vado a prendermi il mio “olè!”
Ancora giù per la discesa fino alle Saline dove ora il vento è forte e contro.
Arrivo a Villa Inferno, Cervia è vicina.
Arrivo sul lungo mare.
Il garmin dice 6 ore e 19 minuti.
Smonto dalla bici, entro in zona cambio.
Lascio la bici sul rack 507, poi la sacca rossa.
Arriva il momento più temuto, la maratona.
Esco dalla T2, curva a sinistra e sento ancora le urla di Giorgia e dei bimbi.
Mi fermo un attimo e do un bacio a tutti e tre.
Riparto, il piede duole, ma riesco a correre per 15-16 km.
Poi decido di camminare 500mt e correre un 1km.
Ogni 2,5km ai ristori mangio e bevo.
Il piede fa male, la stanchezza inizia a farsi sentire nelle gambe.
Cammino 1km e corro 1km.
Prendo il secondo bracciale colorato.
Sono a metà percorso.
Ora cammino, e ogni tanto corro.
Per fortuna Giorgia e i bimbi mi sorridono e riesco a fare qualche metro di corsa in più.
Inizia a fare fresco, il sole è tramontato.
Sono al 30esimo chilometro.
Ora praticamente cammino e basta.
L’ultimo tratto in pineta è surreale, siamo in pochi.
Nel silenzio più totale qualcuno prova a correre, qualcuno cammina, chi si ferma.
E intanto, da lontano, lo Speaker urla: you are an IRONMAN!
Nel frattempo sono arrivato sul lungo canale di Cervia, ho quattro bracciali al polso.
Lo Speaker continua ad urlare: you are an IRONMAN!
Arrivo all’altezza del porto turistico e lo Speaker continua con quella frase.
Senza accorgermene inizio a correre.
Il piede fa male.
You are an IRONMAN!
Continuo a correre, due atleti di fronte a me.
You are an IRONMAN!
Continuo a correre, lì supero.
Il piede fa male, ma corro, corro.
Eccolo! Il tappeto con la M dot.
Corro!
Paul, lo speaker, mi vede, legge il mio nome scritto sul pettorale e finalmente urla, per me e solo per me, ALESSANDRO! YOU ARE AN IRONMAN!
NOVE
BELLA VENEZIA, MA NON CI VIVREI di Massimiliano “Rendy” Rendano
Dopo la lunga pausa dalle maratone, più che altro per dedicarmi al triathlon, questo weekend sono tornato a gareggiare, correndo la mia ottava 42km alla 33^ Venice Marathon. Il fascino della gara è indubbio, tutti ne parlano e la copertura mediatica è sempre eccezionale. L’organizzazione è di altissimo livello, già dal sabato si respira aria di grande evento, volteggiano gli elicotteri e in giro ci sono molti stranieri.
L’Expo al parco S.Giuliano a Mestre è ampio e ricco di espositori e di fidal, svolgo le pratiche di ritiro pettorale e pacco gara (ottima maglia termica tecnica della UYN in omaggio, insieme a tanti gadget) e mi rimane il tempo per farmi un giretto e cercare un bar aperto. Degusto un ottimo toast + birretta al Bar S.Marco lì vicino (ovviamente gestito da un cinese) ma purtroppo il centro della città è lontano e quindi per non passare il pomeriggio a scarpinare inutilmente decido di rientrare in Hotel e schiacciare una pennica in attesa della cena con i top runners al Laguna Palace.
Ho infatti acquistato un pacchetto tutto incluso: viaggio in pullman, albergo e cena di gala. Durante il briefing pre-gara ci viene illustrato il percorso e dato l’annuncio che a causa del vento e dell’acqua alta a Venezia non si farà lo spettacolare giro di piazza S. Marco, quindi il percorso verrà allungato al parco S. Giuliano per recuperare i 400 metri mancanti. Io mi sto ingozzando di polpette e cous cous e non ci faccio tanto caso, ma la sorpresa del giorno dopo sarà spettacolare.
La domenica mattina mi sveglio senza la pioggia e in cuor mio esulto, ma gli alberi piegati a 90° per il vento non fanno presagire nulla di nuovo. Tutti sperano in una gara asciutta e ovviamente, durante il trasferimento a Stra, dove sarà data la partenza, comincia a diluviare. Benessum, ci bagneremo e amen.
Le operazioni di vestizione e consegna borse si svolgono sotto l’acqua nel parco di Villa Pisani, cerco di non bagnarmi i piedi e i calzini nell’erba, in più il rischio di sbagliare l’abbigliamento è altissimo: c’è gente in canottiera, altri con maglia pesante e l’antipioggia. Io opto per maglietta tecnica a maniche corte con sopra la canottiera di società, nuova nuova, più cappellino. Fondamentale la fornitura del telo di plastica firmato dallo sponsor che tutti indossano per non bagnarsi: molto più carino del solito sacco del rusco con i buchi per le braccia.
Le solite foto e saluti di rito con amici e compagni di squadra (anche questa volta una decina di Capponi presenti) e mi inquadro nella mia griglia azzurra, assaporando le mie emozioni e quelle degli altri concorrenti. Quasi mi commuovo quando sento una ragazza, probabilmente all’esordio, dire al suo compagno: “ho paura”. Quanta empatia per quella strizza al culo che tutti noi abbiamo avuto alla partenza di qualche gara.
Fortunatamente smette di piovere a 10 minuti dalla partenza e l’avvio di gara, spettacolare per la marea di gente presente (circa 7000 partenti alla maratona) avviene con un palpabile entusiasmo da parte di tutti; è anche caldino, 18 gradi, che rendono i primi chilometri molto piacevoli.
Questi chilometri della maratona sono bellissimi, si incontra ogni tipo di runner: il super tecnico, quello vestito strano, quello che corre malissimo (e che arriverà mezz’ora prima di me), il tipo che ti taglia la strada all’improvviso per andare a pisciare, quello che saluta e conosce tutti e deve per forza fare battute di merda con chiunque, la fighetta che corre ad un improbabile ritmo sotto i 5’/km che la porterà a cioccare inesorabilmente poco dopo la mezza. Un circo ambulante, nella pancia della maratona. SPETTACOLO!
Si costeggia il Brenta con le sue ville spettacolari, i paesini sono gremiti di gente che fa il tifo e saluta tutti gli atleti, gruppi musicali danno la carica e la strada scorre via veloce. Il mio obiettivo è di correre costante sui 5:30 e arrivare intorno alle 4 ore senza devastarmi.
Risate registrate del pubblico.
Arrivati al 20° km si entra a Marghera, il punto più brutto del percorso, dietro alle raffinerie, poi Mestre con il suo infinito monobinario del tram e il parco S.Giuliano, dove si oltrepassa il 30° km e ricomincia a piovere e ad alzarsi forte il vento. Giro assurdo nel parco, un tornante, una rampa in salita e mi viene sbattuta in faccia una folata a 50 km/h, non appena si entra sul famigerato ponte della Libertà. 7 km infiniti sulla laguna tra Mestre e Venezia, con un mare nero e incazzato, onde alte e spuma che si alza in cielo e treni che fischiano al loro passaggio. Le gambe si inchiodano, vengo superato dai pacers delle 4 ore ma non riesco a tenerli e perdo dopo poche centinaia di metri quei merdosi palloncini verdi.
Mi stacca anche la giapponese nana con il cappellino a fiori con cui correvo da molti km, è uno smacco che non volevo affrontare, ma non posso farci niente le gambe sono pesanti e la voglia comincia a scarseggiare, stringendo i denti e correndo ormai a 5:50 arrivo alla fine del ponte con l’unico obiettivo di finire dignitosamente senza mai camminare se non ai ristori. Giro insulso di un km per entrare a Venezia e al 40° finalmente arriva il primo ponte che ci immette sul canale della Giudecca e lì la SORPESA: il mare ha invaso il marciapiede e il percorso è di fatto allagato. Metto giù il piede e l’acqua arriva al polpaccio. Acqua fredda che stranamente “risveglia” i muscoli e costringe a correre saltellando.
Non si vede il terreno, il rischio di mettere il piede in un buco fra i ciottoli è alto, ma dopo poco risulta divertente e sarà la stanchezza o la pioggia, ma mi viene l’istinto di buttarmi e proseguire a rana. Non oso pensare i poveri spingitori di carrozzine e gli hand bikers… I 2 km finali trascorrono in questa surreale situazione, su è giù per i 14 ponti, fuori e dentro l’acqua alta, con lo spettacolare attraversamento del Canal Grande sul ponte di zattere. Rettilineo finale in mezzo ad ali di tifosi, anche loro immersi nell’acqua fino al polpaccio ma tutti festanti e partecipi del nostro sforzo.
Arrivo con braccia al cielo, tempo loffio (4h e 8 minuti abbondanti) ma soddisfatto, in fondo doveva essere un buon allenamento per le prossime maratone da affrontare con qualche velleità cronometrica e così è stato.
Post gara umido, tutti a cercare di rifocillarsi e scaldarsi, qualcuno è avvolto nel telo dorato per un principio di ipotermia: Ritiro la mia borsa, fortunatamente asciutta (purtroppo ho visto qualche borsa caduta in terra sull’acqua, ma la situazione era onestamente difficile da gestire per i volontari) mi cambio su una panchina visto che le docce sono a buco di culo e comunque Venezia è allagata, mi bagnerei di nuovo, infatti rimango in ciabatte per tenere le scarpe asciutte da rimettere una volta sulla terraferma; c’è un ottimo servizio massaggi che mi aiuta a rilassare le gambe e poi è già tempo di prendere il vaporetto per tornare al mio pullman.
Che dire, per me gara fantastica, percorso un po’ noioso nella parte centrale ma ripagato dalla partenza e dall’arrivo a Venezia, esaltato dalle condizioni meteo. Di sicuro chi ha finito la gara lo racconterà ad amici e parenti per molto tempo e francamente non capisco la polemica di qualcuno sui social che voleva far rimandare la gara.
Maratona stra-consigliata a tutti, in location unica al mondo e organizzazione di livello molto alto.
Arrivederci a Ravenna per la 9° medaglia.
P.S.
Bella Venezia, ma non ci vivrei.
Foto by Jader Consolini
OTTO
Il primo Sprint non si scorda mai… o meglio anche se ci provi… lui non se ne va! di Caterina “Princess” Funaro
Gennaio 2016, sono quasi passati tre anni!
Ho sempre corso e nuotato seppur senza obiettivi precisi, o meglio sempre e solo per dimagrire quei 3-4-6 kg che mi affliggevano cronicamente e mi facevano sentire inadeguata, strizzata nei vestiti …un vero cesso! ma la bici ho iniziato a marzo 2016 ad usarla e sinceramente tuttora (2018!!!!) non ne sono padrona del tutto.
Comunque il bello di questo sport , per una sparpagliata come me, sono le occasioni di allenamento che ho trovato iscrivendomi agli Spartans, che veramente, a posteriori, piu’ che una squadra rappresentano una famiglia, un nido accogliente dove osare senza trovare mai giudizio o critica.
Nel marasma del quotidiano…non è poco….
La prima gara l’ho disputata il 7 maggio 2016 al Challange di Rimini, una distanza corta, uno sprint appunto che detta così sembrano bruscolini ma vi assicuro che non lo sono affatto in quanto devono essere percorsi a bombazza… una gara breve, va fatta impiccata…dicono!
Il momento piu’ emozionante è stato sicuramente la partenza del nuoto (e continua ancora ad esserlo!): insaccate dentro ad una muta ci siamo allineate sulla spiaggia e abbiamo aspettato lo start per buttarci in acqua. E’ stato talmente bello ed emozionante che ho scritto un diario…
“….un fischio? Una tromba? non lo so, un suono da stadio mi dice che è ora di buttarsi in acqua, io volevo stare dietro o di lato, ma un dietro o un lato non esiste, siamo tutte su una riga…! Già poco dopo lo start….è un grumo di donne incazzate!!! corro in acqua con grinta ma è difficile nuotare tra decine di corpi, e poi la beffa! mi prendo anche una testata da una ragazza che ci ha ripensato quasi subito mortacci sua e nuota contro mano, quasi mi strappa gli occhialini!
…mi faccio strada tra gambe, braccia, tiro anche qualche piede e quasi non mi riconosco in questo gesto aggressivo…io che picchio e sbraccio neanche fossimo alle svendite di Liu Jo!!!!! pian piano arrivo alla prima boa, respiro, nuoto, respiro, chissa’ le altre dove sono, ogni tanto guardo avanti e prego prego prego di non essere ultima, …non sento freddo…anzi l’acqua è piacevole, girando alla boa vedo che ho un gruppetto dietro e che le “buone” non sono così distanti, e sono FE-LI-CE!
quindi decido di accelerare….yeah!
Vedo la spiaggia e l’arrivo…Per evitare di spiaggiarmi alla Fantozzi…decido che il momento di alzarmi è appena sento la sabbia sotto le dita …così faccio, mi alzo …poi incomincio a camminare come se fosse una cosa nuova, poi a correre piano, mi sfilo la muta dalle braccia, sento il tifo e compio la prima transizione: l’ho tanto immaginata nella mia mente che mi viene perfetta! Va be… dai…perfettibile J
sto attenta al casco, a non sorpassare la riga di partenza e poi VOOOOLO in bici!!!
In realtà sembra poi solo a me di volare…. all’arrivo scopriro’ di avere fatto 20 km in 52 minuti, di avere tenuto per tutto il tempo il padellino piccolo (…ebbene si!) e frullato le gambette come se non ci fosse un domani! ma non importa…. me li sono goduti tutti!
Finisce la bike e transito in T2 sentendomi come la regina d’Inghilterra che ha appena vinto la lotteria!
Mi sento bene in corsa, provo a spingere…5 km volano e arrivo al traguardo in un tempo ignominioso ma per me tutto da festeggiare!
Questo è stato il mio piccolo indimenticabile esordio nel TRI…ora, dopo circa tre anni rimango sempre lenta nel nuoto (ma me lo godo tutto e in tutte le versioni!)…timorosa in bici (ma macino chilometri fino a farmi fumare le chiappe!) e alla continua ricerca di un “cervello da gara” in corsa …
Se potessi mettere l’adrenalina e le endorfine che questo sport mi stanno dando in una bottiglia… avrei la cantina piena!
SETTE
IL MIO ESORDIO (scritto di getto pochi gg dopo….riletto oggi dopo IM e volutamente quasi lasciato invariato) di Romano Gagliardi
Sapevo cosa mi aspettava, lo avevo immaginato, era un po’ che ci giravo intorno, forse era destino perché già in tempi (remoti) non sospetti mi ero informato su questo “strano” sport, poi seguendo Frankie da qualche tempo (compreso quando è stato stirato in bici) leggendo e fantasticando sui racconti di chi mi ha preceduto tra gli amici in questo SPREPITOSO mondo, ma le emozioni sono state amplificate all’infinito, la coesione del NOSTRO gruppo (e non avevo ancora visto che un 5% di quello che è ESSERE SPARTANS….anche se qui ero ancora uno STRIPPONE), il fascino di questa disciplina, la voglia di mettersi in gioco, un pochino di sfrontatezza, il clima gara….perfino le condizioni meteo leggermente strong per un “tranquillo esordio”, hanno fatto sì che non vedessi l’ora di buttarmi in acqua.
La gara inizia già al mattino presto, non riesco a restare tranquillo a letto facendo finta di nulla, come se “oggi” non si apra un nuovo capitolo “sportivo” per me, un capitolo tanto ragionato anche se non sembra, allora mi alzo e vado a fare una passeggiata in cerca di un bar per fare la prima colazione.
In realtà vado a cominciare a guardare che giornata metereologica ci aspetta, visto che le buone previsioni date fino al mercoledì han subito una deriva più SPARTANA (qualcuno dirà ..”condizioni ideali”), il mare mentre albeggia è piatto se non consideriamo una fastidiosa corrente contraria al senso di marcia del nostro percorso, c’è il sole ed una leggerissima brezzolina.
Mi dirigo, quasi in solitaria (alle 6 in punto chi può esserci a Rimini, oltre al servizio vigilanza Expo) verso la zona di partenza ed inizio a fantasticare gestendo le emozioni che iniziano a “battere” in me, la colazione non si riesce a fare e quindi, gironzolato un altro pochino, rientro alla base in appartamento per le “formalità fisiologiche” (1° rata) e per svegliare Monia e Lollino, che vengono a fare colazione con me a questo punto. Fatta la colazione (e rientrati a per la 2° rata) il tempo comincia a “stringere” e raccolgo tutto il necessario (pronto da 2 gg, ma ricontrollato maniacalmente di nuovo almeno 5 volte).
Sono quasi le 8 e al Mc Donald’s ci aspetta il ritrovo esordienti STRIPPONI, SpartanPres IronFrankie mi ha già “bocciato” un paio di volte sulla chat questa settimana (perché per farmi subito riconoscere ho iniziato a fare, come mio solito l’asino) e quindi voglio fare vedere che sono un bravo scolaro. Accelero il passo e da qui, nonostante tutta l’allegria e “l’ignoranza” del gruppo, inizia inesorabile il countdown…
Consegna pacchi e prima lezione dove e come posizionare gli adesivi di gara, nel frattempo (a causa della “pisquanissima” rottura del tubolare di qualche settimana fa dovuta alle gomme sgonfie) con la mia pompa gonfiamo quasi tutte le bici dei “soci” tra una risata e l’altra penso che magari è meglio che controlli anche le mie (che poi va a finire che ridi e scherza mi dimentico), ci dirigiamo tutti insieme verso la ZC e dopo essere stati “punzonati” tramite numerazione con pennarello braccia e gambe (che fa figo, qui già mi sentivo MOLTO figo), ognuno alla sua postazione a mettere in pratica i buoni consigli ricevuti. Io ripasso mentalmente la mia check list perfetta e faccio in tempo a mettere e togliere roba (guanti no, buff sì, calzini no …anzi si, asciugamanino…che non servirà ovviamente ad un tubo visto il tempo), dopo 15 min riesco a lasciare la mia postazione “il dado è tratto Ciccio” …gironzoliamo un po’ e poi si va a vedere la partenza delle GIRLS (e l’emozione sale ..tra 2 ore nella tonnara ci saremo anche noi) poi e pian piano rientro in hotel per ultimo “controllo” fisiologico approfittando del fatto che nel frattempo è arrivato Kappa (Matteo) e family a cui ricovero momentaneamente la bike (frutto di enorme stress se lasciata incustodita in auto), si ritorna tutti insieme verso il centro e poi in zona expo.
Adesso il tempo stringe ho quasi volutamente “tirato tardi” per non avere tanto tempo di stare lì a pensare, adesso tutto deve essere incastrato con i tempi e tra una cosa e l’altra deposito la borsa (ulteriormente modificata e giustamente scaricata di robe inutili), subito dopo essermi infilato la muta e via che si va in partenza. Kappa mi consiglia di buttarmi in acqua per testare il campo ma è già tardi ed i giudici agitando cartellini rossi si affrettano ad intimarci di uscire …il mio riscaldamento è arrivato solo fino alle caviglie ma non mi importa …energie in più per la gara…… gironzoliamo per la zona partenza (siamo quasi tutti nella 4.a ed ultima ondata) …..ultimi consigli (ma ormai sento solo TUM TUM TUM TUM……ed in sottofondo la musica a palla per caricarci ….o stordirci e non pensare a dove ci stiamo buttando) il vento si è alzato il mare ingrossato e la corrente contraria è sempre là…
E’ ora, ci incanaliamo nel recinto di partenza ed io entro per ultimo …anzi penultimo perché qualcun altro insiste per farmi passare …..e allora fanculo alla cabala….via la prima, via la seconda via la terza ….il respiro si fa corto per l’emozione….qualcuno visto le condizioni non parte e rinuncia (qualcun altro lo farà poi tornando a riva senza completare il percorso)……TOCCA A NOI……TUM TUM TUM TUM…….START!
Poi tutto viene naturale, fin dallo start comincio (nel mio piccolo) a fare strategie da vecchio lupo di mare puntando la prima boa nera “scarsa” confidando nella corrente, qualche bevuta, tanti calci dati e presi tutto a rana….una rana corta cortissima uno stile bruttissimo e forse (sicuramente) poco efficace …..MA vado avanti e una boa dopo l’altra (con gli occhialini perennemente appannati) “giro” l’ultima boa nera, a questo punto ho l’onda a poppa e “serfo” approfittando della mia stazza (e cominciando a pensare di risparmiare energie se non più richieste) abbozzo 10-12 bracciate a stile ma non vendo un cavolo e (per fortuna) decido di togliere gli occhialini…………..STAVO TORNANDO ALLA BOA NERA…CAZZO, mi giro e mi distendo in una rana per riprendere il giusto percorso…..
poco dopo tocco ed inizio appena posso a correre, ho ritrovato la spiaggia, gambe dure nei primi passi ma “il ghiaccio è rotto” inizio a a togliere la muta MA l’ho chiusa TROPPO BENE e smadonno non poco per liberarmi
…trovo comunque il tempo per fare il cretino con chi mi aspettava, il tappeto rosso delinea la via da percorrere tra 2 ali di folla incitante, inizio a pensare ed a raccogliere, ripassando mentalmente, le nozioni e l’ordine di esecuzione mentre corro con le gambe prima legnosette e poi via via più sciolte (…..più o meno) verso la ZC…..arrivo alla mia postazione agevolmente (più di quanto pensassi….senza bisogno di riferimenti eccessivi) ed eseguo diligentemente la T1 ….comoda ma precisa (anche se gli occhiali li dovevo mettere prima del casco …ma in fretta correggo)
e poi via con la bici a mano in perfetto stile tenendo la sella come i PRO
…mi sento un pochino “figo” nella mia goffagine da primino…STO FACENDO UN TRIATHLON e questo mi carica, la frazione bike è una incognita (finora ho fatto 3 uscite complessive con media km 25-30, non so come sarà correre in circuito in gara, in mezzo agli altri, ma ora ho un problema contingente (la tacchetta nel pedale sinistro beffardamente non si incastra e scanchero di nuovo qualche decina di secondi di troppo anche qui
…CLACK finalmente posso “scaricare la potenza” (ahahah) prima un pochino titubante per la sinuosità della percorso di collegamento e poi eccomi dentro al circuito proprio mente passano (forse al 2° giro…anzi sicuramente) i primi o comunque atleti di vertice., mi accodo (ancora poco convinto delle mie prestazioni) e comincio a spingere mettendo un rapporto “basso”, appena imboccato il lungomare da percorrere a/r 4 volte (ma fino a metà del 2° giro mi ricordavo 3)
…mentre sono ancora “in piega” la bici sbanda di brutto e mi ricordo cosa pronosticavano i miei “amici” quando ho mostrato le Ritchey 88 che montavo (“ALLA PRIMA SCOREGGIA DI VENTO VAI PER TERRA…”, ma comunque finche non cadi non sei un ciclista). Di forza, di reni o di culo tengo botta contrastando la sbandata e allento subito il rapporto perché sono fantozzianamente contro lo stesso vento (ovviamente) che prima soffiava la corrente contraria in mare, non ho nulla da perdere so di essere uscito dall’acqua tra gli ultimi 15-20 e voglio recuperare, visto che da subito trovo gente più in difficoltà di me….prendo coraggio ed inizio a superare, provo a cercarmi un gruppetto a cui (magari collaborando) mettermi in scia per dividere lo sforzo….ma sembra sempre di rallentare, mi sembra di perder tempo e quindi mi porto a sinistra e supero (anche se forse ci faccio la figura del pollo/sborone/inesperto….ma lo sono) anche perché non mi piace sentirmi stretto pericolosamente verso destra sullo sporco o a filo marciapiede…..mi mette a disagio e siccome non ho le malizie del veterano per farmi largo……fanculo, pedalo e mi smarco (sono abituato a far da solo).
La media comunque complice l’adrenalina gara-sorpassi-ignoranza è buona considerando il controvento (27/h) e presto arriva la rotonda del ritorno, che affronto poco aggressivo per paura di tagliar strada a chissà chi uscendo larghissimo e rischiando di finire in braccio al volontario di servizio…..ora ho il vento in poppa e “smanetto” i rapporti finché non sento (mi aspettavo… ) la ruota dura da spingere…..ma sono a fondo scala e guardando il contakm faccio i 47/h (ops…) …un po’ mi gaso e un po’ inizio a pensare che non sono ancora diventato un “ciclista vero” e che mi dispiacerebbe che per meriti miei o altrui lo diventassi CASCANDO proprio adesso (un paio di “colleghi” per terra a lato percorso soccorsi da sanitari e/o volontari, fortificano la tesi)…..verso la fine del rettilineo ci sono alcuni amici e prevale la voglia di spingere per dimostrare (anche molto a me stesso) che questa bici è (nel mio piccolo) la sorpresa del giorno……altro giro, il secondo (secondosecondosecondosecondo……dai Ciccio, ricordati, secondo, non ti devi sbagliare ne hai 3 da fare……NOOOO son 4, cinqueperquattroventicinqueperquattroventi……eh già), anticipo la raffica stavolta, ho tenuto un rapporto poco agile nella rotonda (sempre larga….troppo larga), scalo e “contengo” la foga, controvento, riprovo a cercare un gruppetto per “socializzare” ma di nuovo non mi sento a mio agio e quindi mi smarco o mi stacco secondo i casi, supero parecchi ma poi la solita rotonda “alla Fantozzi” mi fa perdere il vantaggio e come un pistola superare da chi è più sgamato di me, ma ho una bici che voglio meritarmi (nella gara Sprint una delle più belle viste e guardate da molti …forse per lo stridente contrasto con il proprietario vistosamente” improvvisato”) devo onorarla e allora di nuovo a favore di vento spingo forte con un pochino meno timori del giro precedente,
passaggio davanti al fan’s club a tutta (troppo a tutta….non mi hanno neanche visto passare), fischio per salutarli e imposto la rotonda del 3° giro…..meno male di prima, comincio a prenderci la mano o forse comincia ad esserci meno gente sul percorso, andata e ritorno dove mi prendo il tempo di guardare agli incroci i miei compagni di squadra, per spirito corporativo/cooperativo e anche per capire dove sono ubicato…..BICCIO dove cazzo è finito Biccio ?!?).
Il 3° e finalmente il 4° giro sono in fotocopia, anche se il vento, ma più probabilmente la stanchezza, aumentano e le gambe sono di nuovo legnosette, ma continuo ad amministrare all’andata ed al ritorno…a busso (sempre in proporzione eh), le scie non mi piacciono e allora a “testa bassa” fino al T2
Di nuovo in zona cambio, (comodo…con i giusti “rimbrotti” di Monia e Paola, che ancora ridono perché ho piegato diligentemente la muta in T1)…piove… ma cosa cambia ? saluto la bike e via, le gambe non sono burrose come raccontava Kappa… male, vuol dire che sto facendo cagare, che non ho dato tutto
ma mi rilasso e mi prendo la mia passerella da 5 km (comunque fatti degnamente rispetto ai miei soliti tempi), trotterello, corricchio, cammino veloce …sul percorso ancora TANTI compagni, nonostante la fastidiosa pioggia battente, mi supereranno tutti (era ampiamente previsto) dietro le transenne ci sono ancora Frankie e Carla che mi incitano e fotografano, poco oltre Monia ferma con ombrello aperto e Lorenzo che dorme sotto al passeggino (nella condensa della tenda parapioggia) quasi non si aspetta il mio passaggio e, facendo come sempre l’asino, mi avvicino quatto quatto e le sussurro “…aspetta qualcuno ?!?” ridiamo e riparto,
Un addetto al percorso mi chiede se sono all’ultimo giro, quasi mi distrae e non mi ricordo più a che punto sono, mi esce un suono gutturale simile ad un rutto… guardo il gps e quasi mi fermo per aspettare la videata con la distanza .si dai ancora 2km un giro e un pezzettino… manca poco
(ce l’ho fatta ASPETTA ce l’ho fatta ASPETTAAAAA…… CE L’HO FATTAAAAA!!)
Inquadro il rettilineo di arrivo, sembra lunghissimo, ce l’ho fatta davvero, mi sciolgo e rilasso per godermi gli ultimi 150 mt
ARRIVO DEI MIEI, l’ignoranza è la mia qualità migliore (ma qui ero ancora timido)…. sorrisi per tutti e di tutti (e anche Alessio, fradicio, può calare il SIPARIO), la chicca della medaglia self service non me l’aspettavo, orgoglioso nel mio piccolo.
Voglio subito iscrivermi alla prossima gara (Olimpico) ….anzi L’HO GIA’ FATTO, tra 2 mesi si va a Senigallia (ndr: seguiranno Brasimone, Fidenza, IronDelta e 5i50 di Cervia prima che la stagione 2017 finisca).
(…to be continued)
SEI
IO E IL NUOTO di Giorgio Poli
La mia mamma non mi ha mai portato in piscina. Anche perché a quei tempi le piscine non erano ancora state importate nelle lande tristi e desolate della mia infanzia. Sono quindi cresciuto ignorando completamente il nuoto, al pari di quasi tutte le altre discipline sportive.
Per molti anni ho lavorato e vissuto a Milano. Ero al culmine della mia florida attività sedentaria fatta di lavoro, lavoro e ancora lavoro (ma non solo) e, per un motivo ancora misterioso, un bel giorno di fine estate decisi di iscrivermi a un corso di nuoto. Mi recai nella piscina sotto casa (la Cozzi) per chiedere informazioni e per iscrivermi. Entrai nell’androne della piscina popolato di mamme in attesa (non dolce, perlomeno non tutte). Ero l’unico esemplare maschio al di sopra della maggiore età ed ero seguito nei miei movimenti dagli sguardi truci e minacciosi di queste mamme. Chiesi cortesemente dove potevo rivolgermi per informazioni sull’iscrizione ai corsi, al che l’attenzione delle mamme divenne sempre più intensa e gli sguardi sempre più torvi che sembravano dire: perché questo vecchio porco vuole iscriversi a un corso con i nostri figli? Venni assalito dal timore di essere stato identificato come pedofilo ed uscii rapidamente dalla piscina atterrito e anche un po’ schifato di me stesso. E questo episodio, che turba ancora i miei sogni, mise fine alle mie velleità natatorie. Almeno per un po’.
Era una calda giornata di fine marzo 2012. Nella mattinata siamo arrivati a Roma ed abbiamo raggiunto l’EUR per il ritiro del pettorale e del pacco gara. L’expo della maratona è distante, scomodo e lento, ma alla fine siamo riusciti nel nostro intento. Dopo avere mangiato qualcosa lungo la strada, abbiamo finalmente raggiunto l’albergo in centro, non troppo distante dalla zona di partenza.
Io ero in camera con il Doc ed abbiamo iniziato a chiacchierare di gare, di tempi, di donne e motori. Lui aveva una solida esperienza nel ciclismo, io molto meno ma negli anni precedenti avevo partecipato a qualche granfondo. Entrambi correvamo sotto i colori della Polisportiva Porta Saragozza con risultati mediocri, ma ce la mettevamo tutta.
Poi il discorso è andato su IronFrankie (non ancora Spartans e non ancora Pres), anch’egli al tempo inquadrato nella PPS. Già allora aveva terminato un numero imprecisato di ironman e grande era la nostra invidia e il desiderio di emularlo, almeno una volta.
Però … però … nessuno di noi due sapeva nuotare.
Nel 2012 mi ero ripromesso di disputare 12 maratone, una per ogni mese solare (alla fine ne feci 13) e quindi per quell’anno il mio obiettivo era segnato. Dopo le prime 9 maratone, corse senza troppi problemi, compresi che ormai era fatta e la mia testa iniziò a lavorare all’ironman.
Non sapevo nuotare, non ero mai entrato in una piscina e al mare mi limitavo a stare in ammollo con i piedi ben saldi sulla terraferma, come la maggior parte dei turisti estivi che affollano le coste italiche.
In settembre mi iscrissi a un corso per principianti di nuoto. Mi resi conto che il primo (e forse unico) obiettivo di quel corso era la socializzazione di esemplari adulti in abiti molto succinti. Ma a me interessava imparare a nuotare e anche velocemente visto l’avanzare inesorabile degli anni.
In primavera lasciai il corso ed affrontai alcuni prezzolati coach privati. E lì ritrovai il Doc. Lui si muoveva meglio anzi lui si muoveva mentre io facevo una fatica di Sisifo a raggiungere l’altra sponda della piscina. Tuttavia, uno dei coach sosteneva che io avessi uno stile incommensurabilmente migliore e più efficace di quello del Doc. Evidentemente avevo fatto conquiste, ma non approfondii l’argomento e passai ad altro coach.
In settembre fui ammesso agli allenamenti di Thomas anche se fui immediatamente relegato nella corsia degli aspiranti brocchi.
Due anni di Thomas riuscirono a farmi raggiungere l’altra sponda (della piscina, eh) e decisi che il 2015 fosse l’anno giusto per l’ironman. Me lo sentivo. Ne ero certo.
In aprile affrontai la mia prima gara di triathlon nella piangente località di Volano dove i più esperti sanno che si nuota nel Lago delle Nazioni, un bacino di acqua salmastra a fianco del mare. Il vantaggio, rispetto al mare aperto, è che le acque sono più calme quasi come in piscina.
Suona la tromba e la mia batteria entra in acqua. Io, più cautamente e reso edotto dalle storie dei triathleti esperti, entro per ultimo e inizio a nuotare nell’unico modo a me noto: una sorta di stile libero scoordinato e inefficace. Vengo immediatamente staccato dal gruppo e mi ritrovo solo e circondato dalle acque. Dopo qualche bracciata mi viene il sospetto che qualche burlone stesse continuamente modificando la posizione delle boe e del molo che avrei dovuto raggiungere.
Dopo un’eternità riesco finalmente a raggiungere il molo. Ma avrei dovuto affrontare un secondo giro. Esco dalle acque (non propriamente come la Venere del Botticelli), mi siedo sulla riva e decido che per oggi la mia esperienza di nuoto in acque libere possa dirsi conclusa.
Il mese dopo ritento a Rimini e questa volta riesco a fare tutto il percorso stabilito, girando mooooolto al largo dalle boe nel timore che si trattasse di ordigni bellici, aggeggi pericolosi per la salute o temibili creature degli abissi. Uscii ben oltre il tempo limite e fui squalificato.
In giugno si fa Pescara, la cui gara è tradizionalmente caratterizzata da mare molto mosso, quando va bene. Quell’anno, invece, il mare era una tavola piatta accompagnato da un caldo atroce. Per la prima volta mi trovai a mio agio e feci una discreta gara, badando sempre a tenermi a debita distanza dalle boe. E fu così che terminai la mia prima gara di triathlon.
A luglio c’è l’olimpico di Senigallia. Ma ormai mi sentivo un veterano. Mare piatto, partenza alle 12, un caldo atroce e muta vietata. Muta vietata? Ma io mi giocai la carta dell’età e, insieme a pochi altri disperati (fra cui gattone Dani al suo esordio nella triplice dopo avere gettato alle ortiche una lunga e invidiata carriera nelle granfondo), la indossai ugualmente. Dopo 5 minuti di attesa sotto il sole marchigiano del mezzogiorno ero ormai disidratato ma finalmente entrai in acqua. Sempre ben distante dalle boe, terminai la mia frazione natatoria in tempo utile.
Settembre il mezzo di Pula e la prima volta delle partenze scaglionate. Ligio alle regole partii con quelli del mio tempo e quindi per ultimo. Durante la frazione natatoria mi scontrai frontalmente con uno che stava terminando: avevo forse esagerato nello stare a debita distanza dalle boe? In realtà seppi dopo che alcune boe si erano staccate dal fondo consentendo a chiunque di fare il percorso che gli era più congeniale. La frazione di nuoto venne successivamente annullata dai giudici.
Ottobre, l’ironman. Finalmente. La gara iniziò all’alba con le nuvole basse e un mare inquietante. La distanza era di rilievo e io non l’avevo mai percorsa in allenamento. Ma ormai ero lì e dovevo giocarmela. Anche in questo caso, ligio alle regole, mi metto in fila e parto fra gli ultimi. Come sempre mi tengo ben distante dalle boe (non si sa mai) aiutato anche da un’onda lunga che mi portava ovunque ma sempre nella direzione sbagliata. Riesco a terminare il percorso poco prima del tempo limite. Ma la perversa combinazione di un eccessivo rispetto delle regole e di una lenta velocita ciclistica mi ha sottratto quella manciata di minuti necessaria per concludere la frazione bike entro il tempo limite. Squalificato.
Ma ormai il nuoto non era più un problema come all’inizio della stagione. Nonostante la mia lentezza e le mie ampie traiettorie riuscivo ad arrivare al termine entro il tempo limite.
Nel 2016 ho nuotato nella laguna di Venezia per il mio primo triathlon lunga distanza terminato (trattandosi del circuito challenge non lo si può chiamare ironman, ma la distanza è la medesima). E devo dire che i tempi del nuoto mi hanno positivamente sorpreso. Ma c’è una spiegazione: in primo luogo il percorso era rettilineo e delimitato a sinistra dal ponte della Libertà e a destra dalle briccole. E poi l’acqua della laguna, essendo particolarmente oleosa, produceva un effetto scivolamento di indubbio vantaggio.
Ma perché relegare il nuoto a un’appendice del triathlon? Perché non affrontare delle gare di solo nuoto al termine della quali poter festeggiare con una birra e un piatto di pasta senza dovere pedalare e poi anche correre? In settembre convinco alcuni a partecipare alla doppia traversata del Lago Maggiore e in ottobre il gruppo aumenta per la nostra prima uscita di gruppo a Bergeggi (che però ho dovuto saltare per una improvvisa e acuta forma para-influenzale. Qualcuno ha anche malignamente supposto che fosse normale cagarella isterica per evitare la gara: ma vi assicuro che non è così).
Il 2017 è l’anno dell’ironman quello con il pallino registrato che si conclude felicemente con una frazione di nuoto per me dignitosa. E in ottobre riesco, con mia grande soddisfazione, a circumnavigare l’isola di Bergeggi. Resta sempre la mia predilezione per le ampie traiettorie e la mia diffidenza verso le boe, che mi hanno fatto allungare il percorso di 1 km.
L’apoteosi arriva nel 2018: a inizio anno la Francesca di Torino (lei preferisce dire di Moncalieri ma qui a est pochi conoscono la ridente località sabauda) mi propone la Traversata dello Stretto. Da incosciente senza vergogna accetto immediatamente. Però non lo dico a nessuno per evitare di essere violentemente deriso o compatito in silenzio dagli amici spartani che ben conoscono le mie in-capacità natatorie. Prima dell’estate mi sparo tre mezzi uno dopo l’altro e in estate trascorro le ferie nuotando nella piscina olimpionica di Riccione a causa del mare funestato da terribili creature marine gelatinose e trasparenti.
Arriva il giorno dello Stretto: esco furtivo da casa senza dare troppe spiegazioni e mi imbarco per Catania. In terra sicula trovo la Francesca (che oltre ad essere di Torino è anche una fortissima nuotatrice) e Gianluca, l’uomo sfizzero, che è riuscito a infilarsi all’ultimo momento, lasciando fuori però Elisa, sua compagna nella vita e nelle acque libere.
Veni. Vidi. Mi chiesi che caspita ci fossi venuto a fare, ma alla fine raggiunsi il suolo calabro in poco più di un’ora (vici?). Non pago, qualche giorno dopo feci Bergeggi di scarico, insieme a una ventina di festosi spartani.
Conclusioni: io non so nuotare ma non sono neppure un sasso come all’inizio di questa storia. Continuo ad andare piano, continuo a stare ben lontano dalle boe, continuo a praticare un unico stile, lontano parente del crawling. Ma nuotare mi piace molto, mi diverte, mi rilassa, non mi pesa sulle articolazioni e mi piace proprio (ma forse l’ho già detto).
In questi anni ho imparato una cosa nuova su cui non avrei scommesso nulla. L’obiettivo che io e il Doc ci eravamo posti nel lontano 2012 di terminare un iroman l’abbiamo portato entrambi a termine (lui meglio di me). Ma a me è restato un valore inatteso e gradito: la capacità di nuotare provando piacere e soddisfazione.
Chiudo con una piccola riflessione dedicata a chi non sa nuotare e a chi detesta l’acqua: coraggio. Se ce l’ho fatta io ce la può fare chiunque, anche tu.
CINQUE
LA STORIA DI VALERIA di Valeria Gubellini
A metà fra i 43 e i 44 anni, potevo ammettere (non so dire se orgogliosamente o meno) di non aver mai fatto sport eccetto per qualche partitella a tennis che rappresentava la mia unica passione sportiva. Coprire di corsa quegli 8 metri di larghezza e poco più di 10 di lunghezza era però già di per sé troppo faticoso e non fosse stato per l’obiettivo di prendere la pallina e “giocare” .. non so se l’avrei fatto.
Poi, come talvolta accade nella vita, un evento, in Maggio, cambiò tutto. Non fu un bell’evento anche se il tempo cancella il dolore e mantiene vivi i ricordi più belli.
Ricordo come fosse ieri che proprio mentre stavo caricandomi in spalla il mio zaino con le racchette ricevetti una brutta telefonata. Il mio amico Nazzareno, nonché mentore professionale, era morto improvvisamente. Così accadde che non giocai più a tennis. Infatti quel dolore in qualche modo veniva fuori ogni volta che guardavo la racchetta, coscientemente sapevo che non c’entrava ma buttarlo li forse era meglio che affrontarlo.
Fu in quell’occasione che scoprii che Fabio, suo fratello, era un eccellente podista (PB alla Maratona di Roma 2,33’’) e fu proprio lui a consigliarmi di iniziare a correre. Così, perché correre (diceva) “fa bene all’umore, ti apre la mente, imparerai a ragionare in modo più positivo ed affrontare i problemi in chiave di opportunità piuttosto che farlo lanciata nel traffico cittadino. Credimi Valeria, sei troppo nervosa, prova e mi darai ragione”.
E fu così che comprai le prime scarpette, con lo sdegno negli occhi del commesso che insisteva che non dovevo guardare il colore, “le scarpe da corsa si scelgono coi piedi”, mi disse, “non con gli occhi ….” Figuriamoci, sto sul tacco 12 tutto il giorno potrò mai capire quale scarpa da corsa è più o meno comoda?
Tuttavia, “montate” le scarpette ricordo ancora il traguardo dei miei primi 5k … due palle infinite. No, altroché positività, mi veniva il voltastomaco al grido “DEVO” andare a correre. Così chiesi consiglio a Fabio sulla musica più giusta. E di nuovo lo sdegno di esperti al cospetto di neofiti, peraltro anche piuttosto scarsi, … una risata e .. “musica? Ascoltati Valeria .. niente musica vai al tuo passo, vai al passo dei tuoi pensieri. Comprati un orologio e senti il cuore”.
Bene, altro giro altro acquisto. Così comprai un Garmin 235 protestando con il commesso che non mi serviva un orologio che gestisse anche la bici visto che a malapena andavo a correre …… ma quello c’era. Il commesso in questo caso era Vito Melito (cosa fosse poi il Passatore l’ho capito dopo!).
Dopo un po’ di 5k …. La soddisfazione di riuscire a farne 8. E poi… cavolo, Fabio aveva ragione. Iniziava una trasformazione. Ero più serena. No per me la droga non è mai stato “ho bisogno di andare a correre”, e il pensiero di farlo tuttora non mi è amico… ma il come iniziavo a sentirmi dopo la corsa era qualcosa oltre ogni aspettativa. Mentre correvo ripensavo alla giornata lavorativa e problemi insormontabili li affrontavo da una prospettiva diversa (sia chiaro quello che non è risolvibile non lo è nemmeno durante la corsa ma il modo in cui lo affronti è differente). Finalmente stavo uscendo dalle mie prigioni emotive. Anche il dolore per l’abbandono di Nazzareno (che per me era anche un punto di riferimento lavorativo) stava lasciando spazio ai ricordi ed agli insegnamenti. E’ sicuramente il tempo che affievolisce tutto ma sono tutt’oggi convinta, anche la corsa.
Riprendo il filo, eravamo rimasti agli 8k. Dopo quelli, durante la Maratonina di Castel Maggiore (in cui Priscilla correva i 21k che a me sembravano “roba da alieni”, ricordo ancora quell’affarino tondo che si infilò nei lacci delle scarpe …. Non capivo cosa fosse J), io optai per la 13k. Wow …. La finii. E lì scoprii che correre in competizioni era ancora più emozionante e più facile. Scoprii anche che sono una parlatrice seriale e per sfinimento, come Paola non mancò di farmi notare più avanti durante la Rimini Verucchio, prima o poi attacco bottone con tutti, ed è bellissimo!.
Subito dopo decisi che dopo i 5, dopo gli 8 e dopo i 13 avrei potuto fare anche 21, in pratica quella “roba da alieni” forse poteva essere alla mia portata. Così decisi di correre la Maratona della Befana di Crevalcore (mi sembrava anche appropriato peraltro). E quando arrivai in fondo mi sembrava di aver fatto una missione titanica. Ma anche agli altri a regola, perché tutti i miei amici dicevano … no .. “tu Vale? Impossibile ..” accreditando la mia visione che forse ero davvero un super eroe con Mirko, allora il mio fidanzato, sempre pronto a sostenere le mie missioni e sempre al traguardo ad aspettarmi sapendo che ce l’avrei fatta!.
Da lì scoprii, attraverso le mie colleghe-amiche (soprattutto amiche), che sarebbe stato utile iscrivermi ad una squadra, la loro, quella degli Spartans … ma, Vale tranquilla, anche se sei lenta, anche se fai “solo” corsa … è una famiglia ….E così al Centro Lame incontrai Frenkie che mi consegnò quella canotta che ancora così orgogliosamente indosso!.
Poco dopo corsi 21k di trail proprio a Spoleto dove salutai definitivamente Nazzareno abbandonando il dolore e mantenendo il ricordo. Quella medaglia, faticosissima, fu dedicata a lui.
Passò pochissimo tempo ancora (1 mese) e così parlando con Paola decidemmo che era ora di fare la Maratona di New York e con grande emozione ci iscrivemmo. Seppi poi che anche Fabio l’avrebbe corsa (arrivando peraltro 101mo assoluto e 3 di categoria).
Quello scenario era perfetto per un altro progetto. Sposarmi … proprio a New York, alla mia prima (ma non ultima) Maratona, ed al mio primo (e spero ultimo) matrimonio. Mi sposai in Central Park il 05 Novembre 2016 per correre la Maratona il giorno dopo. Fu bellissimo. Eravamo in 7. Io, Mirko (mio marito), Paola, Enrico, Fabio, Filippo Falasca e Antonia, sua sorella. Ma bellissimo fu vedere che ci raggiunse anche Andrea di Road Runner e la sua famiglia.
Beh quell’emozione non si cancella. Eravamo noi, avevamo una doppia emozione (forse io un po’ di più). Certo fu il pranzo di nozze più triste della storia, un bicchiere di spumante, pollo alla griglia qualche carboidrato, niente dolce …. Ma fu unico…Central Park era stupendo e i miei amici anche.
Fu una notte complessa (no, non per quello che state immaginando, ma per l’insonnia!!) seguita da una mattina turbolenta. Non riuscivo ad andare in bagno, ero nervosa … poi mi misi i miei pantaloncini bianchi, la mia maglia con scritto Just Married …. E soprattutto il velo perché, si, ho corso la maratona con il velo da sposa.
E così, ovviamente, finii “quella corsa”. Impossibile non farlo, tutta New York ci trascinava, tutti incitavano e chiamavano per nome. Era bellissimo. Valeria, “the bride”, Valeria “the Novel” (a seconda dei quartieri), Paola …. Valeria, Paola, Paola, Valeria. Ah già …. Un particolare, Valeria tutta bianca, Paola correva tutta nera, abbiamo realizzato dopo una ventina di chilometri che eravamo considerate la coppia gay della Maratona (Enrico per una volta dovette cedere il titolo di consorte di Paola). Al ritorno in aeroporto ad aspettarci il calore del nostro Presidente e di Carla. Sempre presenti, sempre pronti a trascinarti, sempre pronti ad accarezzare una tua performance indipendentemente dai tempi!
Bene, Maratona fatta, matrimonio fatto e in qualche modo attraverso Fabio anche Nazzareno rimaneva nella mia vita. Quindi? Un’altra maratona? Uhm no, non subito almeno.
Nel frattempo le mie amiche avevano iniziato con il Thriatlon. Oddio la bici? Il nuoto? E così …. Finita la maratona, già a Dicembre Babbo Natale mi portò la mia bici (usata ovviamente). Quante cadute, quanta pazienza Giorgio Poli, Frenkie e la Carla, compagni di tante “passeggiate” (perché con me quello era) a Riccione … e il nuoto? Il mio vero nemico. Ma non importa. Lo sprint lo avrei fatto. Altra missione titanica.
Uno sprint concluso bene nonostante un nuoto tutto a dorso perché non respiravo. Beh, dopo uno sprint a dorso e un Olimpico a dorso dovevo decidere, o rivendere gli occhialini polarizzati in cambio di occhiali da sole oppure mi sarei dovuta dare una mossa, anche perché nel frattempo mi ero iscritta al 70.3 di Calella con una squadra meravigliosa.
Qui, le mie solite amiche, decisamente più brave e avvedute di me, mi stettero vicino. La Priscilla mi suggerì di entrare in acqua prima e la Paola il giorno della gara arrivò quasi in pigiama per venire in acqua con me alle 6.30 e farmi passare il panico. Per loro nuotai a stile. E anche bene. Questo segnò la mia riappacificazione con il nuoto.
Ho fatto un 70.3 con tanta ansia di non finirlo sapendo che non me lo sarei tanto perdonato. Non mi ero riuscita ad allenare e non va bene. Ma ce l’ho fatta. Ce l’ho fatta grazie a Mirko, alle mie amiche, ad una squadra meravigliosa, agli urli della Carla, a tutti i compagni di squadra. Triathlon è fatica. Triathlon è impegno. Ma Triathlon nella mia squadra è soprattutto famiglia. E’ affetto, è presenza, è amicizia. Spartans è quella famiglia che sai che ti aspetta quando ci sei ma anche quando, magari per altre priorità, ci sei un po’ meno. E quando rientri è come se non fosse passato nemmeno un giorno. Spartans è la forza di un Presidente fantastico che viene irradiata dalla sua esperienza e dai valori che riesce a trasmettere. Spartans, senza Frankie non avrebbe lo stesso sapore, così come Frankie senza Carla!
We are Spartans We are family
Valeria
PS: Nel frattempo mi sono iscritta all’IronMan di Cervia. Peccato che manchi un anno, lo farei domani…. Come andrà? Stay tuned!
QUATTRO
CAMPIONATO MONDIALE DI SWIM RUN:
AQUATICRUNNER GRADO – LIGNANO di Angela Ragnetti.
Avevamo già organizzato il week end a Grado perché Pg, mio marito, si era iscritto e si stava allenando per il Campionato Mondiale di Swim Run, Aquaticrunner Grado – Lignano.
Due settimane prima una mail ci informa che ci sono 50 posti per la gara Short: 9,3 km di cui 3,3 di nuoto. Wow che figata… Non ho mai nuotato così a lungo, la tentazione è forte.
Mi iscrivo o non mi iscrivo?
Provo o faccio la turista?
La logistica non aiuta a scegliere: dovrò alzarmi prestissimo per raggiungere Lignano perché la gara parte da lì.
Scelgo la via più insidiosa: mi iscrivo, e lo faccio di impulso dopo alcuni drinks ad una festa di compleanno !
Il briefing alla vigilia della gara lunga ha un sapore semplice e nostrano, l’organizzazione non ha la portata e i numeri di un grande evento, si respira un’aria di attesa e i visi sono concentrati e un po’ tesi per l’indomani.
Domenica mattina ci svegliamo alle 5 e il primo pensiero è “ma chi me l ha fatto fare?!? ?” ma passa subito, dissolvendosi nei preparativi.
Siamo tesi, emozionati, Pg perché lo aspetta una gara lunga, tanto desiderata ma temuta per il cut off dei cancelli, io perché sono alla mia prima swim run, e le gare mi mettono sempre quell’ansia…
Lo accompagno alla partenza, e scorgiamo i due pullman con i partecipanti in arrivo da Lignano – partiti da là alle 4.45!!!
Ci baciamo emozionati e ci diamo appuntamento alla finish line.
Presto! Franky mi aspetta alle 6 e insieme facciamo il tragitto fino a Lignano. Non ho mai fatto uno spostamento col Pres… e mi ha stupito la sua loquacità ….parla parla parla e mi distrae della mia ansia.
Ritiro pacco gara e briefing, siamo pochissimi, 38, e mi immagino già in gara arrancare dietro agli altri.
Sì parte, 1600 Mt di corsa sulla battigia, poi al faro si entra in mare per 2000 mt.
Parto con un buon ritmo, ma dopo poco mi accorgo che non riesco a tenere la rotta, mi ritrovo sempre a sinistra e devo correggere. Nuoto nuoto e la boa non si avvicina mai. Non sono abituata alle palette… Accidenti uffa cacchio…
È dura e penso “dai mi ritiro” e subito dopo mi rispondo “col cavolo! Vado avanti. Zitta e nuota”.
Esco dall’acqua dopo la prima frazione di nuoto, ed è lo stesso arco della partenza. Lo speaker mi chiama per nome e mi esorta a sorridere perché è un gran giorno per me. Gli dò retta e inizio a correre.
Le gambe vanno più del solito, insomma meno bradipose del solito.
Un volontario mi si affianca in bicicletta e mi porge dell’acqua. Gli parlo -strano! …e mi distraggo.
Mi accorgo che è già passata oltre un’ora e prendo un gel. Nell’armeggiare ho perso una paletta. Oh no Cate!!! La tua paletta!!!
Dov è????? Devo riportarteleeeeee!!!!
Torno indietro e per fortuna la recupero in fretta.
Vedo dei nastri gialli, ma non vi presto attenzione e tiro dritto.
“Aquatic run!!! Per di qua!!!” Sento gridare da una ragazza in gara che sopraggiunge.
Torno indietro e punto alla spiaggia. Di già?!? Ma non dovevamo essere 5km di corsa?!? Meglio così. Mi butto in acqua e sapere che manca solo una frazione di nuoto al traguardo mi gasa. Nuoto, c’ è corrente a favore e procedo bene.
Una bracciata via l’altra e le tre boe annunciate dal volontario sulla riva le ho fatte tutte.
Ecco l arco lo vedooooo! È lì che mi aspetta. Quando esco dall’acqua esplode una gioia incontenibile. Veronica mi accoglie soffiando forte il suo fischietto da arbitro.
La finish line è lì a 300 metri e corro a prendermela.
Al mio arrivo mi fanno festa, ma sta arrivando il primo atleta della gara lunga. Oh mio dio in 3 h ha già fatto tutta quella strada?!? È un marziano!
Ma io penso per me: ce l’ho fatta! Sono una aquatic runner! Sono un anfibio!!! E se è vero il motto “sei tutti i limiti che superi”, beh anche questa è fatta
TRE
…FACCIAMO L’IRON DELTA? …E FU COSI’ CHE FINIRONO AL LIDO DELLE NAZIONI! di Luca Mezzogori
Era il 18 marzo 2018. Eravamo ad una festa di laurea. Forse gli spritz, forse le prime giornate primaverili, forse la felicità che si respira nell’aria in quelle occasioni, fatto sta che alle mie orecchie arriva una domanda/proposta/sfida/scommessa: facciamo l’IRON DELTA?
Senza pensarci due volte gli stringo la mano e firmo il patto col diavolo. A scoccare questo dardo era stato Stefano Menegale, un fidato amico d’infanzia, un compaesano col quale sono cresciuto tra i campi della piccola Volania, una desertica frazione del comune di Comacchio. OggiAggiungi un appuntamento per oggi siamo entrambi emigrati per motivi di lavoro ma ancora molto ci lega al nostro territorio e, si sa, partecipare a una gara in casa dà sempre quella motivazione in più. Senza saperlo quindi, quel 18 marzo iniziava il mio primo triathlon, il nostro primo triathlon olimpico ❤. Da ignoranti ancora disconoscevamo che tra un Iron Man e un Olimpico c’erano giusto un paio di km di differenza, però dopo aver dato un’occhiata al calendario (e aver scartato l’Iron Delta di primavera per mancanza di tempo e soprattutto per cognizione dei propri mezzi), l’obiettivo era chiaro e fissato:
16 SETTEMBRE 2018 – TRIATHLON OLIMPICO LIDO DELLE NAZIONI!
Fase 1: LA BICI
La prima cosa che serve ad un triatleta, il primo passo e decisamente anche il più doloroso a livello economico: l’acquisto di una bici. Quale prendere, quanto spendere, nuova o usata, in carbonio o in alluminio, Decathlon o Bianchi. Inizi a sentire parlare di Shimano, carbonio, bici da 6 kg, copertoni da 200€. Alla fine dopo una gestazione di alcune settimane trascorsa tra forum, blog, negozi e consigli di più o meno esperti del settore partorisco una bellissima Scott in alluminio con forcelle in carbonio di colore nero con cromature arancioni. In realtà è una Scott base, la più economica, senza niente di straordinario a livello di freno, cambio, ruote, rapporto, ma per me è bellissima.
Fase 2: IL NUOTO. Abitare in città non mi piace e mai mi piacerà ma innegabilmente ha i suoi (pochi) aspetti positivi e uno di questi è avere la piscina (…e che piscina: l’olimpionica da 50 metri dello stadio di Bologna) a pochi minuti da casa.
Prima di avvicinarmi al triathlon pensavo di essere un discreto nuotatore, peccato però che poi ho dovuto fare i conti con la realtà e ammettere che è il mio tallone d’Achille. Serve tecnica e/o allenamenti con istruttore. E il sottoscritto non ha né uno né l’altro. Quindi ad andare sotto ai 2 minuti/100 metri è una fatica tremenda, soprattutto se il baricentro funge da ancora anziché da galleggiante.
Fase 3: LA CORSA. Avendo giocato a calcio per 21 anni e avendo fatto della corsa uno dei miei assi nella manica potevo permettermi di sottovalutare lo step finale del triathlon. Nella mia carriera da podista (1 gara …) posso annoverare una mezza maratona chiusa in 1 ora e 29 minuti in quel di Jesolo nel 2013. Quei tempi ora sono un miraggio ma io sono convinto che i muscoli, come il cervello, abbiano una sorta di memoria, quindi non dimenticano né sforzi né risultati.
Vi risparmio tutto quello che c’è stato in mezzo tra allenamenti sotto 40 gradi, salite a San Luca, le prime nuotate in mare aperto, o confronti con Stefy, le strizzate di culo durante le discese in bici, la guerra per indossare la muta, la scoperta di Strava con annesse autosfide per migliorare i segmenti, ma è scontato sottolineare che l’allenamento, così come l’addestramento nei più classici film d’azione hollywoodiani, è una parte fondamentale della gara. Soprattutto se tifate il protagonista e alla scena finale lo volete vedere vincere contro il nemico, o meglio l’esercito dei nemici (crampi, caldo, sole, fatica, ecc….).
Di questo periodo non posso però non menzionare due fattori: gli SPARTANS, la società di triathlon in cui sono iscritto e la mia mental coach.
Partiamo dalla seconda, alias la mia ragazza. Pur essendo il triathlon agli antipodi della sua idea di attività fisica, fin dall’inizio mi ha sempre appoggiato e aiutato senza diventare troppo gelosa della mia seconda storia d’amore. Saltuariamente si è trasformata anche in massaggiatrice e non si è persa nessuna gara del 2018 (sprint Novellara, sprint San Giovanni in Persiceto e appunto olimpico Lido della Nazioni) dove era pronta a supportarmi nel pre gara, durante e al traguardo! Ora basta, altrimenti me la rubate ed è già sotto contratto con me.
Degli Spartans invece ne sono venuto a conoscenza verso aprile quando per la prima volta ho notato uno spartano. Eravamo in palestra, nella sala spinning per la precisione (ancora ero orfano della mia bici) ed eravamo “vicini di banco”. Lui, che indossava un bellissimo completino Spartans, ha attirato la mia attenzione poiché per buona parte della lezione, i suoi watt erano il doppio rispetto ai miei (e il triplo rispetto agli altri ). Alla fine dei 60 minuti, in cui l’elettrocardiogramma della mia autostima era completamente piatto, mi sono dovuto togliere la curiosità di chiedere chi fosse quel ragazzo mostruoso che io guardavo con tanta invidia/ammirazione. Giovanni Di Maggio, un triatleta spartano appunto. Dopo quella fugace chiacchierata sono andato su Facebook per guardare la pagina di questa società, ho contattato il Presidente e sono diventato uno Spartans ❤. Purtroppo tra turni di lavoro e impegni vari poche volte sono riuscito a partecipare alle attività, ma anche solo dal gruppo WhatsApp è possibile notare quanto sia forte l’identità di questo gruppo e l’unione di questi ragazzi sempre pronti a dare consigli e suggerimenti, a rincuorare il malcapitato di turno o a organizzare uscite.
Dietro c’è sicuramente tanta passione da parte di tutti, ma tra tutti vorrei sottolineare l’importanza del nostro Leonida, sempre disponibile, positivo e propositivo. Inutile aggiungere che poche settimane dopo anche il mio compaesano è diventato uno Spartans .
DUE
ZELL AM SEE 2018 LETTERA APERTA ALLE PINK di Maria Pilar Malaguti
Ciao ragazze… scusate se scrivo solo ora ma per me mattinata tutta storta.
Mi sveglio con acqua battente montagne innevate freddo becco… decido di non partire e mi sento giustificata a pieno titolo… mangio come se non ci fosse un domani e vado in zona cambio per ritirare bici… mi do appuntamento telefonico con accompagnatori… mentre ritiro bici, bagnata come un pulcino, tremante dal freddo e piena come un criceto che ha avuto indigestione vengo a sapere che hanno tolto la bici…
Ora mai non ho piu’ la testa da gara ho freddo e voglio solo scaldarmi… penso che 7 gradi per nuotare siano pochi…anche se l’acqua é sui 20… capelli bagnati e ghiacciati per ore… piedi idem no.. .mi conosco e avrei solo sofferto… vado per chiamare i miei amici e il mio telefono é morto.
Vago come una derelitta con bici sotto diluvio universale… per le vie adiacenti a quelle dove mi hanno lasciato… ho sempre piu freddo faccio chilometri guardo ovunque…nulla…sono tentata di piangere… per delusione e rabbia… ma so che non sarebbe servito a nulla… tremo mi infilo in un hotel…cerco un carica batterie nulla… rovisto nella mia memoria per ricordarmi 1 numero di telefono… non dico tanto ALMENO 1…di mia sorella? Dei miei genitori? Di qualche amico?? Foglio penna e provo a mixare un numero arrivo con 2 telefoni dove variano per 2 soli numeri… un italiano mi presta cellulare e finalmente chiamo… il primo numero è quello giusto… vengo prelevata intirizzita e affranta… muta mi siedo in auto dopo aver smontato la mia rana… bagnata anche lei e forse di riflesso un po’ triste… by by TRI 2018… troverò altre sfide altrove… si vede che oggi non era cosa… baci a tutte e grazie per la grande energia che mi avete dato.
UNO
MILANO BOLOGNA IN UN BATTER DI CUORE di Chiara Piva
Milanese, sportiva e abbastanza matta tanto che gli Spartans mi hanno rubato il cuore!
Nato tutto per caso in un momento visionario durante una mezza maratona… avete presente quando vi raggiunge improvvisamente una folgorazione… quelle date dalla noia, dalla voglia di dare una botta di adrenalina alla vita sportiva e mentre corri dici… che barba solo correre..
E SE PROVASSI CON IL TRIATHLON???
E il delirio delle considerazioni va avanti tra me e me… nuotare so nuotare, correre a tratti me la cavo… la bici mi terrorizza ma mai come la noia che provo ora a correre e basta… mi affido a Roberto Nava che dopo un piano di preparazione mi dice, se vuoi puoi tesserarti con gli Spartans… sono di Bologna….
Già sentire Bologna mi mette di buon umore e accetto.
Inizia così un periodo fatto di gare, sorprese, nuove persone che se anche lontane le senti vicine per passione e follia condivisa.
E tra tutte le persone meravigliose conosci uno scricciolo biondo con gli occhioni azzurri (che le servono per convincerti a fare cose folli) che da subito ti fa le videochiamate per farsi conoscere e farti condividere le serate Pink che altrimenti non faresti… lei è LA CATE… perché di Caterina ce ne sono tante ma lei è LA CATE ,unica ,riconoscibile è insostituibile… un cavallo in corsa di buon umore follia e calma… tanto calma che l’ansia va a fare terapia da lei….in meno di un anno ci conosciamo ed è come se ci fossimo conosciute da sempre…
Viene a Milano e per me è un piacere ospitarla in palestra ,tanto che quando parte mi manca… fa da collante tra me e gli Spartans che nonostante la presenza assidua su chat sono per me comunque lontani.
E da lì iniziano le gare più strampalate … la 5km in acqua… iniziata con un MA TE SE FUORI e conclusa con un OK MI SONO ISCRITTA….
Luogo: Gaggiano, Milano. Manifestazione non competitiva ma 5km sono 5km e il rischio di affondare come il Titanic è sempre più probabile…
Tre matte, io, LA CATE e Isabella, in una casa minuscola la sera prima parlano di strategia … per non morire…
Isabella che non ha una borsa ma la borsa di Mary Poppins con ogni genere di integratore … perché non si sa mai…
Cate che ha portato una marmellata buonissima che (giusto per non morire di fame) pensiamo a dei panini…. nemmeno fosse una traversata transoceanica…
La mattina arriva presto e tra scavalca un gatto… mangia tanto e un MA CHI ME L’HA FATTO FARE… usciamo e arriviamo in quel di Gaggiano dove ci accoglie una scritta… “MILANO BITUMI” ( che non vuol dire pattumiera….ma non ha proprio un suono felice) tutte e tre…”MA SIAMO SICURE?”
Ma nulla LA CATE imperterrita va verso la distribuzione boa e chip…davanti a noi si apre un oasi deliziosa e già la parola bitume scompare…dopo vari giri, domande e svariate soste in bagno arriva il momento della muta… e io rivolgendomi a LA CATE… 5km…ripeto… SIAMO SICURE???
Lei con leggerezza estrema mi dice ma si al massimo…. Esci! ahahahahahahaah ora che mi hai portato qui se entro mi devono tirare fuori solo se sono sul fondo della cava….
Si parte dall’acqua con sta boa gialla attaccata alle chiappe che sembriamo tante Ape Maya… l’acqua che dovrebbe essere il mio elemento mi stringe sempre il fiato e non so perché… nel primo giro cerco di trovare la mia motivazione per non mettermi a chiacchierare con quello che è sulla canoa… e per tutto il primo giro la frase è:” adesso arrivo alla boa per il secondo giro e esco… tanto ne ho fatti 2500 di metri e va bene cosi…” ma al giro boa la mia testa si rilassa e parte la sfida tra me e me e riprendo a nuotare … tra mani cotte e un principio di crampo concludo i miei 5km , uscendo dall’acqua allo speaker che mi chiede come sto… gli rispondo con un’altra domanda:” C’È DA MANGIARE VERO???”
Felice dell’impresa e di aver seguito la follia di CATE.. io e Isabella ci troviamo insieme sulla riva ad aspettarla che in pompa magna arriva scortata da una canoa e lei anziché aumentare la bracciata per uscire cosa fa…. si ferma a salutare quelli che la incitano a riva… tipo regina d’ Inghilterra….
E’ stata una manifestazione stupenda ho avuto la conferma della mia prima sensazione su CATERINA… è una matta ma che adoro… tanto che l’ho seguita nella COASTtoCOAST e nella Swimrun (che sarebbero da raccontare ma ci vorrebbe troppo tempo) e chissà in quante altre gare folli…. Adoro tutta la mia squadra fatta di persone speciali, molti a Milano mi chiedono come mai di Bologna?
Io rispondo…se li conosceste capireste perché!!!
MILANO BOLOGNA IN UN BATTER DI CUORE!!!
We are Spartans!